Nel giorno della memoria

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Hitler e Tito, nazismo e comunismo, lager e foibe: binomi che rimandano alle stragi più drammatiche dell’umanità, alla follia, alle pagine nere della Storia.

Regimi e ideologie opposte con un denominatore comune: la morte atroce.

I libri di Storia raccontano di guerre, conquiste, strategie, alleanze. Cambiano i nomi dei protagonisti, la bandiera, l’appartenenza politica, la modalità di assoggettare, ma la crudeltà che ha scritto queste pagine fa da cornice all’orrore della Seconda Guerra Mondiale.
Una cornice che contiene una tela dipinta col sangue delle innumerevoli vittime morte, in modo atroce e brutale, nei campi di concentramento e nelle cavità carsiche. Sterminio degli ebrei e di coloro ritenuti inferiori per realizzare una “razza pura”, eccidio ad opera dei comunisti in Istria e in Venezia Giulia.
Al termine della  Seconda Guerra Mondiale Quasimodo esorta i giovani a non commettere le azioni terribili dei padri: “dimenticate, o figli, le nuvole di sangue salite dalla terra, dimenticate i padri: le loro tombe affondano nella cenere, gli uccelli neri coprono il loro cuore”. Dimenticare, allontanare dal proprio animo la brutalità atavica che guidò la mano di Caino ad uccidere il fratello.
La condanna di quelle azioni, la richiesta di perdono alle vittime da parte di tutta l’umanità trascende da ogni ideologia politica.
Il 27 Gennaio, data in cui nel 1945 le truppe sovietiche aprirono il cancello di Auschwitz, è stato istituito il Giorno della Memoria.
Il 10 Febbraio, data della ratifica di pace nel 1947 che pose fine agli eccidi, si celebra il Giorno del Ricordo.
Due date stabilite per commemorare rispettivamente le vittime dell’Olocausto e quelle delle foibe.
Nel Giorno della Memoria servizi televisivi, articoli di giornale, discorsi, commemorazioni sui luoghi bagnati dal sangue ricordano quell’orrore e l’umanità rinnova la promessa di pace, si purifica rivivendo quel dolore. Il Giorno del Ricordo dovrebbe svolgersi con la stessa e profonda partecipazione, rispettando e chiedendo perdono alle vittime. Lo Stato, nelle persone di coloro che sono alla guida della nostra bella Italia, dovrebbe essere presente e invitare tutti alla riflessione. Le notizie che si apprendono dai giornali riportano che il 10 Febbraio, presso la foiba di Basovizza in Trieste, non saranno presenti sia il Presidente Mattarella sia il presidente del Senato Grasso, impegnanti in appuntamenti più importanti a Madrid e alla Camera. La commemorazione di quest’anno celebra i 70 anni dalla firma del trattato di pace e proprio per questo la commissione degli esuli ha invitato il Presidente Mattarella. I superstiti alla notizia dell’assenza dei vertici dello Stato hanno affermato di essere trattati come “vittime di serie B” .
Le vittime delle foibe hanno uguale diritto ad essere commemorate non in silenzio e in mancanza dello Stato; l’indifferenza è una seconda morte per quegli uomini perché li condanna alla dimenticanza, ridimensiona la sofferenza umana e la responsabilità di coloro che hanno commesso quei crimini.
La lezione che dovremmo apprendere dagli avvenimenti del passato è che tutti gli estremismi guidati da menti folli e crudeli devono essere condannati. Sembra, però, funzionale e strumentale ricordare e condannare con veemenza solo le azioni di alcuni e non quelle di altri. Quasi un monito tacito che vuole avvisare di come una determinata ideologia, in passato responsabile di atrocità, potrebbe ancora fare del male. Non si rinnova un dolore umano ma una lezione di Storia a senso unico se non viene riservata la stessa compassione alla morte.

Tina Fasolino