Da Napoli al deserto del Gobi il viaggio di due anime erranti

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Da Napoli al deserto del Gobi il viaggio di due anime erranti

Nepal. Il cielo è uguale da qualunque parte del mondo lo guardi. Ma, sicuramente, arrivare fin lassù e alzare lo sguardo te lo fa sembrare un poco più vicino. E’ quello che hanno pensato, Francesco ed Annalisa, quando sono arrivati in vetta all’ Everest, sulla catena montuosa dell’Himalaya. E guardare il mondo da lì, 8mila e 848 metri, la vetta più alta, è davvero strano.”Te lo fa s embrare migliore- dicono le due anime erranti( così si chiama anche il loro blog,ndr)”.

Il mese scorso, Francesco Riccio e Annalisa Galloni, hanno deciso”di lasciarsi alle spalle i dubbi, le paure, le incertezze, per percorrere la via che avevamo sempre desiderato”. Un volo da Capodichino per, poi, attraversare il deserto del Gobi, il Nepal, sconfinare in Vietnam e”vedere come si vive dall’altra parte della terra”. Hanno scelto il desiderio, la sete, di  conoscere, entrambi novelli Ulisse moderni,”e percorrere la via che avevano sempre desiderato”.  E, allora, via in Mongolia, partenza di un viaggio a tappe, non una corsa, attraverso l’Asia.
”Una lenta avventura- così lo chiamano, quando li intervistiamo via what’s app- perché non c’è modo più appropriato per definire la nostra avventura. Viaggiare a ritmi naturali , immergendoci ed adattandoci alla cultura e alle tradizioni dei popoli locali. Stanchi di dover rincorrere le lancette, che sia di un lavoro, di un volo o di un programma fitto di spostamenti, prediligiamo le nostre sensazioni, i nostri bisogni ed è così che di volta in volta ci spostiamo e proseguiamo nel nostro viaggio”. Non si è mai soli, quindi, anche quando incontri popoli che hanno abitudini, e pensano la vita, come non avresti mai detto. E l’incontro con altra gente, ti rende felice. Come è stato per Francesco ed Annalisa. Certo costa fatica, però vuoi mettere.
In Mongolia, prima di arrivare in Vietnam, hanno attraversato 2800 chilometri dalla capitale Ulan Bator fino all’entroterra, attraversando il deserto del Gobi. Dove hanno incontrato le famiglie nomadi e dormito nelle Gher, “tende montate e smontate portatili perché si spostano a seconda del clima e delle temperature, garantendo la sopravvivenza ai propri familiari, della mandria e del gregge”. E devono fare i conti con la scarsità d’acqua, che usano con evidente cura.”Felicità, da queste parti- dicono le due anime erranti- per i bambini non è una playstation ma un disegno  o giocare a salti sulle ruote o lancio di sassi. E per i più grandi è, semplicemente, dialogare , cavalcare o scrivere. Vivono una vita autentica perché isolati e, da soli, non temono il giudizio altrui”.
Per i due viaggiatori, invece, è stato quando” è stata la felicità a trovare noi. Attraverso il volto di un cucciolo di cammello, trovato lungo la strada , in mezzo al nulla, nel deserto. Steso a terra, senza più energie, smarritosi dal gruppo chissà quanti giorni prima. Dapprima ha rifiutato l’acqua che porgevamo, forse si era lasciato andare al suo destino, continuava a voltare il capo per non bere”. Durante la camminata attraverso il Gobi, Francesco ed Annalisa, hanno trovato tante carcasse di animali, preda degli avvoltoi, morti di stenti.” Poi si è convinto. E quando è riuscito a rimettersi in piedi, per noi è stata una grande gioia ed emozione”.”Quando la smetteremo- dicono ancora- di distruggere il nostro pianeta per la brama di potere? E’ triste parlare con gli abitanti di questa terra e vederli sofferenti e impotenti”.
Da trent’anni un’azienda australiana, che ha avuto una concessione dal governo per estrarre oro, prosciuga tutta l’acqua. Quel poco che c’è. E il governo” preferisce questo piuttosto che tutelare la vita delle persone”. Una guida, Uka Urna, un autista, Damba, li hanno portati alla scoperta di un mondo che, forse, nemmeno immaginavano. Francesco aiutava a fare i compiti i bambini che non vanno all’asilo ma, a sei anni, stanno a scuola, quelle che si trovano nei centri abitati e nei villaggi. Dove vivono, per tutto l’anno, nei dormitori scolastici ed i genitori li vanno a riprendere per le vacanze estive ed invernali.
Hanno imparato ad usare l’acqua, con parsimonia, dalle donne dei villaggi che la usano, in un solo ciotolino,” per lavarsi i capelli lunghi fino al bacino”.”E a mangiare, nelle gher, un unico piatto, con tutte le portate. Sempre carne, riso e noodles, fatti con farine diverse. Una specie dei nostri spaghetti”. Adesso, i nostri due Ulisse moderni, sono nel caotico Vietnam del Nord,  dove hanno attraversato la baia di Halong, nell’isola di Cat Ba, patrimonio mondiale dell’umanità. E con il loro blog”Animerranti” descrivono, passo dopo passo, il loro viaggio. Checco, due lauree in Scienze naturali, Annalisa, fotoreporter che lavora per alcuni siti, per entrambi la passione dei viaggi. Ma che, per uno strano destino, si sono conosciuti dietro l’angolo di casa.
A Napoli.”La nostra- dice Francesco Riccio- è una irrequietudine migratoria”. Una storia che può anche essere una lezione a quelli, come noi, che hanno deciso di restare. E non allontanarsi, mai, dalla propria realtà.”Per noi- aggiungono- è stato difficile allontanarci dalla nostra. Quella di Napoli. Nonostante, la nostra città, sia ricca di contrasti e molto spesso senza futuro per i giovani, resta lo scrigno delle nostre famiglie, degli amici, dei ricordi. Allontanarsi, a volte, fa bene per apprezzarne ancora di più le occulte occasioni e paesaggi che la città può dare”. E’ bello fermarsi tra le confortevoli mura di casa, di una famiglia che ti vuole bene, ma lo è altrettanto essere ragazzi quasi assetati di conoscere il mondo.”Esattamente.
La curiosità, la voglia di scoprire, di conoscere nuove lingue, nuovi sapori, nuovi paesaggi è il nostro motore a vapore, che ci permette di viaggiare lentamente a ritmo del cuore. Ma è anche vero che serve un vagone enorme, carico di forte spirito di adattamento e sopravvivenza per le situazioni più particolari”.  Raccontate, quotidianamente, sul loro blog. Ma che potete leggere, e vedere, anche sulla pagina facebook di Animerranti, su youtube o Instagram.