Memoria: monito per il presente di Nicola Prebenna

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Il calendario non solo scandisce lo scorrere del tempo, ma evidenzia fatti, momenti particolarmente eccezionali. Il giorno della memoria bussa alla nostra coscienza con la forza dell’evidenza della barbarie che ha caratterizzato la prima metà del secolo scorso. Essa è stata segnata da tragedie tremende, due guerre mondiali in cui si è inserita con forza la politica dello sterminio, attuato con disumanità scientificamente programmata nei confronti, oltre che di minoranze ritenute spurie, soprattutto del popolo ebreo, la cui colpa sarebbe stata quella di non essere puro, come la razza ariana. Il nazismo e il fascismo sono gli ideatori ed esecutori della politica persecutoria contro gli ebrei, adducendo i pretesti più inverosimili e vergognosi.
Ancora oggi le persone normali si scontrano con l’impossibilità di comprendere come popoli di elevata cultura e raffinata sensibilità, anche per l’apporto di cittadini di religione ebraica, abbiano potuto dar vita ad una campagna sistematica di persecuzione prima e poi di eliminazione fisica, ricorrendo agli strumenti di morte più sofisticati. Non riesce possibile trovare una qualche plausibile attenuante all’obbrobrio delle leggi razziali promulgate in Italia ottanta anni fa; sorprende che anche intellettuali di spessore, come Giovanni Papini, abbiano supinamente condiviso le leggi razziali, e nessuna voce di protesta abbia osato denunciarne l’assurdità. Per la verità, in ambienti cattolici, ristretti e riservati, erano stati avviati studi preparatori a difesa dell’unicità del genere umano, promossi e incoraggiati da Pio XI, che avrebbero dovuto costituire materia per una enciclica dal titolo Humani Generis Unitas, che però non vide mai la luce e rimase semplicemente una bozza. Molti gli studi, le ricerche sui rapporti controversi e spesso contraddittori tra personaggi di rilievo degli ambienti ecclesiastici e la politica fascista portata avanti dai gerarchi e in primo luogo dal duce. Le conseguenze della campagna di sterminio degli ebrei, del silenzio complice e omertoso di tanti, sono sotto gli occhi di tutti, a meno che non ci si copra gli occhi e non si blocchi il pensiero: milioni di deportati nei tanti campi di sterminio, destinati alle camere a gas, privati di tutto, beni, speranza e soprattutto di dignità. L’indignazione, lo sconcerto, la rabbia devono invitare a conoscere; se si conosce si prova vergogna e si possono nutrire propositi positivi per l’oggi e per il domani. Il giorno della memoria deve assolvere al dovere della testimonianza e della lezione, soprattutto ai giovani, che la constatazione delle nefandezze e della mancanza di umanità, di cui altri uomini hanno dato prova, educhi al rispetto dell’altro, prescindendo dalla religione e dalla cultura di riferimento; ha senso se assumiamo la consapevolezza, che rievocare è giusto e doveroso, ma è ancora più importante impegnarsi perché oggi, nel nostro presente, vigiliamo e siamo attenti ad evitare che scelte e azioni simili, a danno di comunità, paesi, uomini di altre culture non abbiano a ripetersi. In verità, il teatro della storia ci ha consegnato anche in anni recenti fatti in cui, accampando le più disparate ragioni, gruppi di potere forti hanno attuato campagne sistematiche di pulizia etnica, di repressione degli avversari ricorrendo ai pretesti più strani. Non poche sono le minoranze etniche, linguistiche, religiose che alle latitudini più diverse, oggi in pieno XXI secolo, soffrono politiche discriminatorie e persecutorie nei propri confronti. Diceva bene il poeta Quasimodo in Uomo del mio tempo, in cui sottolineava come gli strumenti di morte sono divenuti più sofisticati con l’evolversi del progresso, mentre l’istinto di morte esercitato verso i propri simili è rimasto quello dell’uomo della fionda, dei primordi della civiltà. Celebrare il giorno della memoria è una necessità morale indifferibile, come deve essere pressante e vivo l’impegno a vigilare nel presente e impegnarsi perché là, dove la minaccia di offesa e d’attentato all’uomo ed alle comunità si manifesta, giunga la nostra voce di difesa delle ragioni di tutti, specie dei più deboli e indifesi.