Irpinia – Chiusa la caccia, si contano i danni. Emilio Mauro Merola, responsabile Lac e Lida:”E’ finita un’altra stagione di morte”

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Irpinia – Anche quest’anno a più di un mese dalla chiusura della caccia ci si ritrova a fare i conti con il solito bollettino di guerra, tra polemiche e qualche osteggiata proroga, la stagione venatoria 2017/2018 e i dati, pubblicati dall’Associazione Vittime della Caccia, fanno rabbrividire.

Infatti la stagione appena conclusa, lascia sul campo un totale di 114 vittime.
Ogni anno, dunque, bilanci pesantissimi su ogni fronte, per quello che è definito da molti  “uno sport”, infatti sono stati innumerevoli gli incidenti causati dalle doppiette in tutta Italia. Tra i civili non cacciatori, sul totale di 34 casi, sono stati 10 i morti e 24 i feriti. Molto più pesante, quello relativo ai cacciatori, con 60 feriti e 20 morti. Coinvolti anche minori: 2 feriti e un morto. Numeri incredibili che parlano da soli. Numeri da guerriglia.
La Campania, con Toscana, Lazio e Puglia, sono le regioni in testa alla speciale, macabra classifica stilata per casi registrati, e dove la categoria delle doppiette non sembra affatto in disarmo.
E come se morti e feriti non bastassero, si aggiunge uno spaventoso inquinamento ambientale dovuto al piombo delle cartucce.
Troppo spesso la normativa sulla sicurezza viene violata proprio nelle nostre zone, infatti quasi sempre manca la tabellatura obbligatoria per la caccia al cinghiale, indispensabile per la cautela della salute delle persone comuni. Soprattutto laddove è presente il cinghiale, spesso interi boschi vengono dati alle fiamme per poter stanare gli ungulati ed altra selvaggina. Così come spesso le allegre brigate dei cinghialai e non solo, mettono in atto, al solo scopo di “rovinare”  le zone di caccia agli avversari, le cosiddette faide venatorie (bocconi avvelenati, incendi, etc. etc ). Insomma sembra di essere nel Far West.
“La caccia – dichiara Emilio Mauro Merola, Responsabile Lac e Lida – inquina con il piombo i terreni e le falde acquifere, crea incidenti con la presenza di gente armata molto spesso vicino alle abitazioni, alimenta il fenomeno del randagismo con l’abbandono dei cani ritenuti non più adatti. Non si può affidare la risoluzione del problema a chi lo crea. La caccia, – continua Merola – non è uno sport ma un’abitudine incivile e potenzialmente dannosa anche per chi non la pratica e ci auguriamo che la pubblica opinione, debitamente informata, maturi una maggiore consapevolezza sulla necessità di fermare questo spaventoso vomitevole massacro, che uccide milioni di indifesi ed alle volte uccide anche l’uomo”.