La tragedia di Genova: tra dolore, audacia e ragionevolezza di Nicola Prebenna

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Tanti, molti autorevoli cronisti, commentatori, esperti delle diverse discipline si stanno avvicendando nel tentativo non solo di capire cosa sia successo e perché, quanto di prefigurare con un colpo di genio il futuro assetto della rete viaria, autostradale e non, di gran parte dell’Italia. Il primo, doveroso adempimento, è il sentimento di pietà per le vittime incolpevoli, per i familiari addolorati e sconvolti, e quello di solidarietà per le famiglie che abitavano sotto il ponte, e che saranno costrette a trasferirsi altrove. Rimane il problema di capire cosa sia veramente successo, da cosa la tragedia sia stata innescata: su questo le ipotesi al momento si restringono. La prima è che abbiano ceduto gli stralli, che probabilmente avrebbero tempestivamente dovuto essere sottoposti a revisione o sostituzione, la seconda è che gli interventi di controllo periodici avrebbero dovuto in quel tratto essere più continui e analitici: non sappiamo al momento cosa stia emergendo dai controlli e cosa gli organismi preposti avessero deciso a salvaguardia del ponte e dell’incolumità dei passeggeri. Purtroppo accade spesso che, in presenza di una tragedia, prima ancora che si accertino le responsabilità, subito si grida al crucifige, si individuano subito i colpevoli, e   immediatamente si approntano i rimedi duraturi ed efficaci. E’ questo un modo di ragionare che concede poco alla razionalità. Che a prima vista le responsabilità siano da attribuire all’ente che gestisce il servizio, nel caso specifico ad Autostrade S.p.A., è un dato evidente e scontato; in cosa concretamente esse consistano saranno le indagini giudiziarie e le diverse perizie tecniche, che di sicuro non saranno né rapide e né dall’esito scontato, a determinarle. Quel che sorprende è che di colpo il governo abbia deciso di avviare la procedura per la revoca della concessione ad Austostrade. Francamente tanta fretta non la capisco, se non ipotizzando la rincorsa al facile plauso del pubblico, spesso pronto a buttare con l’acqua sporca il bambino.  Un governo che su tutti i grandi interventi relativi alle infrastrutture viarie, ferroviarie e di servizi, sta esprimendo dubbi, incertezze, rifiuti a continuare, non si capisce su quali presupposti intenda portare avanti una politica dei trasporti che coniughi modernità, efficienza e servizi adeguati ai cittadini. Non è pensabile che si metta in moto, che si lanci l’idea della revoca della concessione ad un ente di portata nazionale, solo sull’onda dello sdegno e della recriminazione. Ho l’impressione che, in mancanza di un progetto articolato, complessivo, che risponda ai criteri della modernità e di servizi efficienti, la soluzione da adottare, ad ogni incidente, debba richiedere interventi di chiusura estrema. Un treno deraglia o si scontra, allora – sembrerebbe questa essere la logica conseguenza – bisogna revocare la concessione a Ferrovie dello stato; un traghetto affonda, allora tutte le concessioni alle diverse compagnie di navigazione devono essere revocate. Quel che prudenza e ragionevolezza dovrebbero suggerire è che prima si ricostruisca il quadro complessivo della tragedia, che si accertino eventuali precise responsabilità, che si individuino soluzioni adeguate alla realtà del traffico a Genova, che si studino interventi adeguati anche se di prospettiva per gli interventi sulle abitazioni e sulle strutture, e poi – a mente fredda e con ponderata assennatezza – verificare se sussistono le ragioni per la riconduzione della concessione o se questa debba essere sottoposta a revoca. Non sono gli annunci immediati, e frutto delle reazioni emotive della prima ora, che possono determinare il destino di enti di portata nazionale. Prima di lanciare proclami, che si mettano tutte le strutture di controllo in condizione di operare con serietà e tempestività: di sicuro molte tragedie, in questo modo, possono essere evitate.