Molte le celebrazioni, specie nelle scuole, a ricordo della Shoah. Grazie alle scuole, agli Istituti “Ruggero II” e “G. De Gruttola” di Ariano, per avermi dato la possibilità di portare la mia testimonianza di appassionato di storia e di specialista della didattica della Shoà, formazione realizzata presso Yad Vashem, il centro internazionale della memoria della Shoah a Gerusalemme. Il 27 gennaio del 1945 l’arrivo ad Auschwitz dell’Armata Rossa disvela gli orrori della politica nazista, tesa al perseguimento della Soluzione Finale. Non siamo ancora alla fine della guerra, alla fine delle atrocità, ma tutto quello che si sospettava, che in parte si sapeva, viene finalmente portato alla luce. Nel ripiegamento delle truppe tedesche, strette nella morsa dell’avanzata da est dell’armata rossa e da ovest degli americani, sbarcati in Normandia, alcuni dei sopravvissuti poterono, tra mille difficoltà, tornare alla vita. Ancora oggi a tanti, come me, risulta incomprensibile come un popolo di menti eccezionali, filosofi, musicisti, poeti, artisti avessero potuto accettare la politica nazista di persecuzione prima, di sterminio poi del popolo ebraico; ancora più incomprensibile, per noi italiani, come sia stato possibile rimanere silenti a fronte delle deliranti affermazioni mussoliniane sulla razza italiana, e sulla necessità di preservarne la purezza promulgando le Leggi in difesa della razza. Dal 1933, data dell’arrivo al potere di Hitler, alla fine della seconda guerra mondiale, sei milioni di ebrei in Europa furono ammazzati, oltre ad oppositori politici, rom, omosessuali, inabili. Mai, prima di allora, l’umanità aveva conosciuto pratiche di annientamento della personalità, della distruzione della dignità, della pratica sistematica dell’uccisione di massa, adottate su larga scala e con scientifica meticolosità. I testi, i documenti che testimoniano quanto è accaduto sono numerosi e le ricerche continuano ancora con tanto interesse, perché tutto ciò che è stato deve essere affidato alle generazioni future, perché diventi monito a non ripetere mai più simili nefandezze, e perché la nostra coscienza non si addormenti dinanzi alle tragedie del presente, che tuttora ci interpellano, ci interrogano e ci impongono di agire. E’ questa la lezione che il giorno della memoria deve tramettere: non la rievocazione di lutti e sofferenze indicibili, ma l’impegno ad essere vigili perché, come diceva Primo Levi, quel che è accaduto può ripetersi, perché il pericolo è sempre in agguato. Molti degli ebrei, dei perseguitati devono la loro salvezza a persone che si sono prodigate nel generoso aiuto offerto senza interesse, cattolici e non. Sono ricordati nel giardino dei giusti a Yad Vashem. Quel che conta oggi è che non passino sotto silenzio tutti gli eccidi che insanguinano il pianeta terra, dal dramma siriano, dal dramma dei profughi, dalla persecuzione delle minoranze religiose, linguistiche, disseminate un po’ dovunque. Solo se operiamo in questa direzione, contribuiamo a rendere l’umanità un poco migliore, e la lezione della storia non risulterà vana.
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