Il contrasto alla violenza sulle donne non va in quarantena, intervista a Mimma Lomazzo
di Paola Rullo
La quarantena imposta dall’emergenza Coronavirus può diventare una vera e propria prigione per le donne vittime di violenza domestica. Il 27 marzo scorso, su sollecitazione della commissione parlamentare presieduta dalla senatrice Valeria Valente, è stata diramata una circolare alle forze dell’ordine affinché non si abbassi la guardia per quanto riguarda il fenomeno della violenza sulle donne. Su questo tema abbiamo intervistato la Consigliera di Parità regionale Domenica Maria Lomazzo.
Data la forzata quarantena, ritiene che siano in aumento le violenze domestiche? In merito a ciò ha pensato di proporre sanzioni più severe per i violenti?
“Non c’è dato sapere con esattezza se i casi di violenza siano in aumento a causa della convivenza forzata; per questo stiamo lanciando continuamente appelli alle donne vittime invitandole a denunciare, con ogni mezzo, le violenze che subiscono entro le mura domestiche. La circolare del 27 marzo scorso, – dichiara Lomazzo – voluta fortemente dalla Commissione parlamentare sul femminicidio, sollecita infatti le forze dell’ordine quali l’Arma dei carabinieri, Questura, Guardia di finanza a non abbassare la guardia e a porre un accento particolare, più forte, per quanto riguarda la sorveglianza sulla violenza domestica.
Per quanto riguarda l’imporre sanzioni più severe, in questo periodo storico che stiamo vivendo non siamo in condizioni per poter proporre un progetto di legge simile, al momento bisogna pensare all’emergenza in atto e a ben governarla”.
In Regione Campania si sono verificate situazioni in cui alle denunce di violenza delle vittime non sia stato dato il giusto peso per timore semmai di un eventuale contagio?
“No, assolutamente no! – risponde la Consigliera di Parità regionale– Nessun dato del genere mi è pervenuto, quindi tendo ad escludere tale ipotesi. In ottemperanza al decreto del Governo molti centri si sono ritrovati costretti a ridurre gli orari, ma non è il caso della regione Campania. Con orgoglio, posso assicurare che i centri antiviolenza nella nostra regione sono ancora attivi e a completa disposizione delle richiedenti.
D’intesa con le Prefetture ci saranno soluzioni alloggiative che rispettino le norme di prevenzione del contagio?
“In una circolare il Ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, assicura che le Istituzioni e gli operatori di polizia sono sempre pronti a intervenire. In accordo con Elena Bonetti, Ministro per le Pari Opportunità, hanno sollecitato le Prefetture per trovare soluzioni alloggiative diverse da quelle canoniche che si estendono sul territorio, affinché siano adeguate nel rispetto delle ferree, ma necessarie, regole di prevenzione. Il Dipartimento delle Pari opportunità, inoltre, – puntualizza la dottoressa Lomazzo – è disponibile per elargire fondi, qualora si verificasse la necessità. Sottolineo che nella circolare divulgata il 27 marzo si raccomanda alle forze dell’ordine di intraprendere ogni iniziativa per garantire l’operatività nei presidi territoriali di risorse qualificate che possano agevolare i percorsi di fuoriuscita dalle situazioni di criticità, nonché la massima tempestività di adozione dei provvedimenti di competenza.
Secondo Lei, sarebbe opportuno diffondere una parola d’ordine con cui le donne strettamente sorvegliate possano chiedere aiuto?
“Non credo, perché una volta diffusa anche i violenti ne verrebbero a conoscenza. Suggerirei, – continua la Consigliera – piuttosto, alle donne di utilizzare il numero verde 1522 o di rivolgersi direttamente alle forze dell’ordine chiamando il 112. Per tutelare le donne strettamente sorvegliate, che semmai non riescono a telefonare, è possibile ricorrere all’uso della seguente app della Polizia di Stato:“YOUPOL”, che geolocalizza la posizione e trasmette i dati alla questura più vicina. Stiamo lavorando affinché ci sia una maggiore sinergia tra centri antiviolenza e forze dell’ordine. Consiglio, dunque, in caso di emergenza di utilizzare questi strumenti perché ci sono, non sono andati in quarantena e sono molto attivi. In alternativa, anche un familiare o un’amica fidata potrebbero fungere da tramite; si potrebbe, poniamo, segnalare a loro la situazione di disagio e invitarli a sollecitare le forze dell’ordine. Usare un codice e diffonderlo con il passaparola non sarebbe, a mio modesto avviso opportuno, perché prima o poi verrebbe scoperto anche dai violenti.-
Secondo Lei è possibile rieducare i violenti? E in tal caso sarebbe utopico pensare a futuri presidi territoriali che adempiano a questo scopo?
“Se fino a ieri erano le donne ad allontanarsi per fuggire dal gioco del violento, oggi il Codice Rosso prevede che debbano essere i violenti ad allontanarsi dalla casa familiare, soprattutto in presenza di bambini per non sradicarli dagli affetti familiari. Finito questo periodo di disagio la rieducazione dei violenti è un tema a cui tutti dobbiamo pensare. Da decenni ribadisco che non è più sufficiente contrastare il fenomeno di violenza rendendo solo le donne libere economicamente e libere di autodeterminarsi, occorre pensare a rieducare i violenti. Non è utopia, bisogna lavorarci, bisogna impegnarsi – sottolinea con forza Mimma Lomazzo in questa parte finale dell’intervista– Ci sono già progetti in atto, non solo sul territorio nazionale ma anche in Regione Campania, progetti che devono prendere forma il prima possibile. Ho accettato con piacere di rilasciare questa intervista e ci tengo a lanciare questo appello alle donne: DENUNCIATE, DENUNCIATE, DENUNCIATE NON SUBITE IN SILENZIO NON SIETE SOLE! Gli strumenti, per quanto riguarda la tutela delle donne hanno trovato altre strategie per farle sentire meno sole. Anche se non rientra nelle mie competenze (in qualità della carica che ricopro di Consigliera di parità) possono anche mandare un messaggio al mio indirizzo di posta elettronica per denunciare le eventuali violenze e io stessa mi attiverò per poterle proteggere”