Consapevolezza ambientale e giustizia sociale di Michele Zarrella

Da circa un ventennio il tema del cambiamento climatico è divenuto un tema di fondamentale importanza nella nostra società. A scuola, nei media, nelle discussioni quotidiane, nelle lotte giovanili dei Fridays for future guidati da Greta Thunberg si parla della consapevolezza ambientale, dell’importanza di agire in modo corretto sull’equilibrio dinamico della biosfera. Finalmente il problema è ormai arrivato nel cuore delle nostre coscienze e dei leader politici di moltissimi Paesi. I campanelli d’allarme sono sempre più forti e chiari e confermano quanto la scienza da oltre mezzo secolo è andata dicendo. Negli ultimi anni, per le costanti conferme avute, la scienza sta chiarendo in modo ineluttabile quale sia la necessità di limitare l’innalzamento della temperatura terrestre entro 1,5 gradi centigradi rispetto al periodo pre-industriale. Oggi già abbiamo innalzato di un grado tale temperatura. Manca poco: mezzo grado e soprattutto resta poco tempo. Pertanto è necessario ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 45% entro il 2030 e azzerarle entro il 2050 se vogliamo contenere l’innalzamento della temperatura entro 1,5 gradi. Molti governanti del mondo lo hanno capito. In primis l’Europa con il Green New Deal ha posto l’obiettivo della neutralità climatica al 2050 nel cuore della propria azione comune. E poi il Giappone, la Corea del Sud, la Cina, che attualmente deve il 60% del proprio fabbisogno energetico al carbone. Una cosa insostenibile, ma nell’Assemblea Generale dell’ONU dello scorso settembre, il presidente Xi Jinping ha annunciato l’obiettivo di azzerare il carbone entro il 2060. Anche il nuovo presidente degli Stati Uniti ha annunciato un target simile. Molti altri governanti si stanno allineando sulla lotta al cambiamento climatico entro gli obiettivi dettati dalla scienza. Tutto questo è possibile grazie alle tecnologie verdi. Produrre energia dalle fonti rinnovabili non è stato mai tanto economico come oggi. I costi del fotovoltaico negli ultimi dieci anni si sono ridotti del 90%, e quelli dell’eolico di oltre il 70%. Calano i costi dei veicoli elettrici e si spera che presto arriveranno alla portata di tutti. Nonostante le dichiarazioni dei leader politici e la presenza delle tecnologie i risultati sono ancora di là da venire. Cosa manca? Proviamo a ragionarci sopra. La transizione ecologica per prima cosa comporterà un cambiamento nelle nostre abitudini quotidiane relative all’uso/spreco di energia e ai trasporti. I voli aerei sono i più inquinanti. In Francia sono stati aboliti i voli domestici se in alternativa c’è il treno ad alta velocità. Alcuni anni fa ci fu la rivolta dei cosiddetti Gilet gialli. Il movimento rivendicava una giustizia verde in merito all’applicazione, per politiche sul cambiamento climatico, della carbon tax che comportava un innalzamento del prezzo della benzina alla pompa. Questo colpiva in modo indiscriminato chiunque faccia uso di idrocarburi. La protesta, quindi, nasceva dal fatto che in alcune zone – soprattutto le rurali – non si può fare a meno del trasporto su auto per andare a lavoro o per altre attività quotidiane, mentre nelle città si poteva sopperire all’auto con le metropolitane e gli altri mezzi pubblici, con il car sharing, con le bici o camminando a piedi. Allora applicare indistintamente alla pompa la carbon tax risulta ingiusto e va ripensata.  Abbiamo fatto due esempi nazionali, ma i cambiamenti non devono essere solo a livello domestico. Sono necessari anche cambiamenti a livello globale. Da un punto di vista economico globale la transizione ecologica impatterà negativamente sui paesi produttori di idrocarburi mentre ne saranno beneficiati quelli che producono tecnologie rinnovabili. Tutto ciò comporterà grandi ripercussioni sulla struttura della società e con cambiamenti anche sul modo in cui abbiamo vissuto fino ad oggi. A livello internazionale non possiamo pensare che i paesi sottosviluppati che non hanno responsabilità sul cambiamento climatico paghino le conseguenze alla pari dei paesi ricchi. È importantissimo che gli Stati storicamente grandi emettitori di gas a effetto serra: Europa, Stati Uniti, Canada, Australia, Giappone e ovviamente ora India e Cina – pongano in essere dei meccanismi di finanziamento per aiutare i paesi in via di sviluppo a raggiungere facilmente l’accesso all’energie rinnovabili. Allora se la politica è d’accordo, se la tecnologia c’è è importante la consapevolezza di tutti noi e dei governi che dovranno aiutare, proprio con i ricavati della carbon tax, coloro per i quali la transizione avrà un maggior impatto economico negativo. Un tema fondamentale per garantire la giustizia sociale e per garantire la transizione ecologica. Tutto questo però deve avvenire al più presto e comunque entro il 2050. Anche noi possiamo e dobbiamo fare la nostra parte. Iniziamo subito a ridurre tutti gli sprechi. Sprecare significa inquinare senza benefici ma contemporaneamente fare danni all’ambiente.

Ingegnere e astrofilo

Michele Zarrella