Alcuni giorni fa ventotto scienziati ed esperti del clima, fra cui il premio Nobel Giorgio Parisi, hanno scritto una lettera aperta alla Presidente del consiglio Giorgia Meloni e al ministro dell’ambiente Picchetto Fratin. La lettera inizia così: “Noi, studiosi impegnati nella ricerca scientifica sui cambiamenti climatici, sulle politiche di mitigazione e adattamento e sui sistemi complessi come il clima, desideriamo esprimere la nostra preoccupazione per il futuro del Paese e per le persone e specie viventi che abitano il pianeta rivolgendo un appello ai rappresentanti politici”.
Da oltre mezzo secolo gli scienziati ci dicono che le specie viventi su questo pianeta sono a rischio per l’eccessiva velocità con cui le attività umane stanno alterando la composizione dell’atmosfera e quindi l’equilibrio dell’intera biosfera. È proprio la velocità di questi cambiamenti che preoccupa, perché essa incide sulla capacità delle specie di sapersi adattare. Nei precedenti cambiamenti climatici la capacità di adattamento si è spalmata in decine e decine di migliaia di anni. Nella nostra epoca parliamo di alcuni secoli.
Nella lettera gli scienziati ribadiscono che “i dati confermano la pericolosa realtà del surriscaldamento globale e che le proiezioni indicano un aggravamento delle condizioni nei prossimi decenni: aumento delle ondate di calore, con impatti sulla salute pubblica, in particolare per le persone vulnerabili come anziani e bambini; riduzione delle precipitazioni nevose e ritiro dei ghiacciai; stress idrico crescente; incendi sempre più vasti e con comportamento estremo; innalzamento del livello del mare ed erosione costiera.”
Nessuno è esente da tali minacce e anche il nostro Paese sta sperimentando numerosi impatti diretti e indiretti dovuti ai suddetti cambiamenti climatici. Lo scopo della lettera è quello di invitare il governo italiano a sostenere con convinzione scientifica, economica e sociale l’obiettivo della comunità europea della riduzione del 90% di emissioni di gas serra entro il 2040. L’invito si aggiunge alle raccomandazioni del Comitato scientifico consultivo europeo sui cambiamenti climatici (Esabcc) che sono quelle di ridurre le emissioni nette di gas serra del 90-95% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2040. Quindici anni necessari per sostenere gli interessi a lungo termine dell’Europa e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Il Comitato parte dal fatto che l’aumento delle emissioni di gas serra ha già fatto salire le temperature globali di 1,3-1,4 °C, alimentando eventi climatici estremi che mettono sull’orlo di danni irreversibili la vita di molte specie. Mentre dall’altro canto si fa presente che una decisa azione sul clima rappresenta, come tutte le crisi, un’opportunità per l’Europa, perché assicura maggiore sicurezza energetica, riduzione della dipendenza dai combustibili fossili, miglioramento della salute pubblica con riduzione dei costi sanitari, stimolo all’innovazione tecnologica e creazione di posti di lavoro verdi, riduzione dei rischi ambientali e sociali.
Il governo e l’Europa devono fare la loro parte, ma è necessario che tutti ci impegniamo per ridurre le emissioni climalteranti e sostenere le trasformazioni strutturali necessarie per la prosperità, la sicurezza e la resilienza a lungo termine dell’attuale società, ma soprattutto è un atto di responsabilità verso le future generazioni.