Dall’otto giugno al sette settembre, a Gesualdo, negli spazi espositivi del Castello, l’Istituto Italiano di Studi Gesualdiani voluto dall’Amministrazione Comunale organizza la mostra d’Arte Contemporanea: “Arte tra Storia, Santi e Miti Irpini” a cura del Direttore Artistico Francesco Caloia. L’apertura della mostra Domenica otto giugno alle ore 18,00, sarà preceduta da un convegno di presentazione che si terra nella sala Stravinskij del castello. Interverranno per i saluti istituzionali: Michele Zarrella Presidente dell’Istituto Italiano di Studi Gesualdiani, Domenico Forgione Sindaco del comune di Gesualdo, Gianfranco Bianco Assessore alla Cultura del comune di Gesualdo, Di Marino Giuseppe Assessore alla cultura del comune di Villamaina. Seguiranno gli interventi di: Nicola Trunfio Dirigente Scolastico scrittore e Sindaco di Villamaina che tratterà il tema: Le ragioni della mostra e la valorizzazione storica artistica del territorio a cui seguirà un Focus tematico a cura dell’architetto Angelo Verderosa su: Il Cammino di Guglielmo da Vercelli a Santiago de Compostela. Coordina la consigliera dell’Istituto Gesualdiano Sonia Bruno. A seguire Performance Ballet & Live Music di Organic Laboratorio d’Arte dei Fratelli Natale. La mostra è una Collettiva che espone le opere di: Alessandro Norelli, Alessandro Papari, Anna Coluccino, Antonio Restaino, Anselmo Di Paola, Carmen Delle Donne, Carmine Grasso, Daniele Natale, Emilio Bellofatto, Flavia Morra, Flavio Grasso, Felice Savignano, Felice Storti, Francesco Caloia, Francesco Roselli, Giuseppe Ammoroso De Respinis, Giuseppe Di Marino, Iolanda Taurasi, Luigi Prudente, Marco Memoli, Michele Prudente, Nadia Marano, Raffaele Bertolini e Tony Salvo.
E’ il direttore artistico dell’Istituto Italiano di studi gesualdiani Francesco Caloia a spiegare come “La mostra intende porsi nel solco teso a rileggere le identità territoriali attraverso forme di contaminazione creativa, un progetto espositivo che nasce dalla volontà di operare una riappropriazione di un patrimonio antico, fatto di storie, santi, miti, simboli e segni, affinché esso sia il fermento creativo per una nuova stagione di crescita artistico culturale del territorio. Il tema proposto dal curatore agli artisti non va semplicisticamente interpretato come tentativo di operare una rilettura in chiave contemporanea di un’iconografia antica, si tratta, piuttosto, di un invito ad avviare una propria riflessione “estetica” sul complesso sistema di valori simbolici, culturali, spirituali insiti nella figure mitologiche, sacre e profane oggetto di studio come la Dea Mephite o Don Diego Cavaniglia Conte di Montella e il monumento degli innamorati, di San Francesco a Folloni, come Carlo Gesualdo e Maria d’Avalos, il Marchese Domenico Caracciolo da Villamaina, Vicerè della Sicilia, o figure spirituali come l’Arcangelo Michele, il cui culto è indubbiamente uno tra i tratti culturali più antichi e radicati nei territori appenninici, svolgendo da sempre il ruolo di un possente fattore unificante ed identitario, ed è proprio in questa dimensione “identitaria” che va colta l’idea forza della mostra, che sostanzialmente vuole essere un momento di riflessione sul rapporto tra luoghi e comunità. Un tema questo, oggi sempre più dibattuto dal punto di vista storico-filosofico e antropologico. I luoghi, comunque li si voglia intendere, attivano indubbiamente nelle comunità che a essi fanno capo processi identitari, dinamiche relazionali, effetti sociali e anche economici: pertanto andrebbero investiti della massima attenzione in prospettiva sociale, culturale e civile. Altra figura oggetto di studio è stata quella di San Gugliemo da Vercelli, fondatore della comunità monastica di Montevergine e dell’abbazia del Goleto. Guglielmo, giovane pellegrino poi santo, viandante d’Europa, patrono d’Irpinia che fu per tutta la vita un eremita. Oggi il “Cammino di Guglielmo” coinvolge come complessi religiosi l’Abbazia di Montevergine, l’Eremo di San Guglielmo a Chiusano, la Grotta dell’Apparizione sul Lago Laceno, il Pozzo di San Guglielmo sui Monti Picentini, l’abbazia del Goleto a Sant’Angelo dei Lombardi, l’abbazia di Santa Maria di Piero in Basilicata nei pressi di San Fele e la Basilica del Santo Sepolcro in Puglia, a Barletta. Il percorso del cammino si snoda su oltre 300 km in 15 tappe, in parte lungo il fiume Ofanto coinvolgendo diversi Comuni delle regioni Campania, Basilicata e Puglia. Parte dal Santuario di Montevergine e attraverso vie montane e pianure raggiunge tappe significative che si incrociano con la Via Appia e la Via Francigena. Gli artisti si sono ispirati alla vita di San Guglielmo, ai luoghi, ai paesaggi, alle grandi bellezze del creato che si incontrano durante il cammino, al senso spirituale del cammino e alla ricerca di senso dell’uomo, ai “Valori” che il cammino rappresenta, valori riassumibili in: rispetto per l’altro e per l’ambiente, spirito di aggregazione, sacrificio “per arrivare alla fine”, unione, fratellanza, valori che si dovrebbero incarnare a ogni latitudine ma che sono oggi in pericolo nell’era della “cattiva complessità” “dell’incertezza”, che sembra stiano distruggendo il mondo tra guerre, comunicazione deviata, cambiamenti climatici, distruzione dell’ecosistema, paragonabili ad “Un ecocidio” con l’inquinamento diffuso di aria, acqua, suolo, ecc. Ribadire i valori, dare sapere, curare le radici: ecco la mostra nasce per dare un’attenzione spirituale. È così che l’umanità si fa sapiente e si avvia verso l’umiltà come l’acqua che scorre umile verso il basso e tutto trascina. Tutta la nostra vita dovrebbe essere una grande discesa verso la spiritualità che ci differenzia dagli animali. Visitare la mostra, come per il cammino di Guglielmo, è trovare il senso della vita. È poter dire: “Adesso io riprendo il cammino della mia vita”. Perché la vita umana è un cammino e diventa sensata se c’è un fine. La vita è vera e dà frutti se c’è la radice spirituale che la alimenta. È la spiritualità che si cerca veramente nella vita e la fa diventare sapienziale. Ecco con la mostra noi vogliamo curare le dimensioni spirituali dei santi e delle tradizioni. La ricerca proposta agli artisti dal curatore ha trovato linfa vitale nella rilettura, in chiave contemporanea, delle immagini e dei simboli di quelle che sono le due anime meridiane, la cultura classica e la cultura cattolica, di cui è intriso tutto il mediterraneo e che nei territori del Mezzogiorno trova una sua originalissima connotazione. La ragione di questo progetto espositivo, nasce anche dalla: visione sociale dell’arte, dalla riflessione sul ruolo degli artisti nella società contemporanea, dal tentativo, mai vano, di indicare una strada orientata verso una costruzione di un tessuto sociale, dove l’arte trovi il posto che ha sempre avuto nei momenti più alti della storia umana, vale a dire il ruolo di testimone e guida dei processi di crescita e di sviluppo. L’obiettivo della mostra è inoltre quello di ampliare l’offerta culturale dei nostri territori, far lavorare gli artisti alla rielaborazione di forme arcaiche ma sempre cariche di valori simbolici di cui il la società contemporanea ha quanto mai bisogno; ho invitato gli artisti a trattare il tema secondo la propria visione e il proprio sentimento personale, anche operando sul confine fra figurazione e visione informale o “concreta “ per far prendere corpo al mistero del sacro, aprendo nuovi sguardi sulla realtà in un mondo di cose che non si escludono ma che si devono integrare”. La produzione creativa diventa quel valore aggiunto che agisce come elemento qualificante e riqualificante di un luogo e di un tempo. Come la religione riattualizza il “tempo del sacro”, così la presenza artistica diviene una nuova epifania dello spirito che libera e manifesta le forze creatrici di una collettività”. Le ragioni profonde di questo progetto espositivo vanno ricercate soprattutto nel rapporto tra identità, luoghi e comunità, nella necessità di nuove forme di riappropriazione e sacralizzazione in senso civile degli spazi (materiali o immateriali) comuni, che faccia leggere la comunità come luogo dove si sperimenta la comprensione delle proprie e delle altrui identità ed espressioni. La ritualità che porta a risacralizzare un luogo della memoria è il gesto in cui si compie un patto tra generazioni, un passaggio di eredità che potrà esser accolta oppure no ma che porterà sempre con sé una propria liturgia civile. Tradizioni, folklore, festività, segni, che spesso più di quelli materiali sembrano segnare il tempo dell’uomo e delle comunità sono, ad ogni passaggio di tempo, sottoposti ad un’opera di riappropriazione. Gli autori delle opere in mostra sono Artefici del Nostro Tempo portano con loro ricordi, emozioni, immagini, che segnano un ricco percorso di linguaggi, di sogni, di speranze, di socializzazione, di situazioni a volte enigmatiche a volte paradossali, con opere realizzate con passione, talento e professionalità, rappresentando sempre e comunque un’opportunità di conoscenza per chi avrà il piacere di vederle. Le scelte di poetica, ognuno con la propria diversità, sono chiare; le opere di questi artisti generano comunque enigmi dai significati fluttuanti, rebus concentrati su linee e colori di universale armonia. La nostra speranza è che questa mostra collettiva sia la continuazione di una stagione culturale che l’Istituto si è imposta dallo scorso anno necessaria per studiosi, artisti, critici, gente comune, amanti di questo meraviglioso universo di forme, armonie, colori. Uno degli obiettivi dell’Italia tutta è la “Ripartenza nel settore della cultura”. Gesualdo, in tale prospettiva, ha la fortuna di avere un patrimonio culturale materiale e immateriale enorme, legato alla musica ed all’arte figurativa al paesaggio e al cielo. I nostri Comuni nascondono ricchezze inimmaginabili, molte delle quali sconosciute ai più e ancora da scoprire. L’obiettivo è di condividere la loro bellezza, mai come in questo momento ne abbiamo bisogno: la bellezza scritta nell’universo e quella del nostro patrimonio culturale, l’eredità del passato che ha reso nota l’Italia in tutto il mondo come il Paese delle meraviglie. Per far diventare grande un piccolo borgo bisogna offrire qualcosa di raro, unico e meraviglioso, Gesualdo può e deve diventare una meta interessante per chi ama l’arte ed il buon vivere, visto anche le eccellenze artistiche ed enogastronomiche. E’ fondamentale far conoscere, mettere in risalto e valorizzare il brand locale, i luoghi di interesse, le attività esperienziali, la promozione del territorio e delle aziende che ne fanno parte. Il mio intento, come curatore di eventi artistici, è quello di far conoscere il lavoro di tanti artisti campani (e non solo) rapportato al territorio ed alla vita dei cittadini di questo “Mondo a parte”, che sono le “Terre di Mezzo” un mondo fatto di tanti piccoli paesi che sono “Musei dalle porte chiuse” come afferma lo scrittore Franco Arminio dove “tra quelli che sono rimasti … un connubio di stanchezza e ripetizione la fanno da padrone”, dove l’offerta culturale è ridotta ai minimi termini. Questi anni virali e di nuove guerre, carichi di incertezze, hanno accentuato questa situazione, tengono in ostaggio la condizione umana, attanagliano le nostre anime alla deriva, hanno condizionato il complesso processo della vita sociale, politica e spirituale. Parlare di Arte e Bellezza significa parlare di lezione di vita, Gesualdo e il Goleto e la Mefite, sono i luoghi più visitati dell’Irpinia e devono essere al centro di un progetto in cui storia e futuro si incontrano per la valorizzazione dei nostri beni comuni, promuovendone la conoscenza e facendoli rivivere nella contemporaneità, rendendoli attrattivo – interattivi, per dare identità al territorio, per coinvolgere le nuove generazioni spesso costrette, loro malgrado, ad allontanarsi”