Ex Isochimica, ancora una vittima: continua la mattanza silenziosa.
Si aggiunge una vittima al terribile bilancio dei morti tra gli operai dell’ex stabilimento Isochimica di Avellino. Ad oggi, le vittime decedute con malattie asbesto-correlate – e riconosciute dall’accusa durante il processo di primo grado – raggiungono il numero di 33, a cui si aggiungono centinaia di operai tuttora ammalati. Un dramma umano e sanitario, che ha generato anche un imponente iter giudiziario: quattro condanne per disastro colposo e omicidio colposo plurimo e ventidue assoluzioni di primo grado. La Procura e la Regione hanno sollecitato l’ASL a rilanciare piani di controlli sanitari e screening per ex gli operai e i residenti coinvolti. L’ex Isochimica nacque nel 1982, come possibilità lavorativa a seguito del terremoto che colpì, due anni prima, la provincia irpina. Nel 1983, le Ferrovie dello Stato ordinarono la bonifica di locomotori e carrozze. L’appalto Il proprietario Elio Graziano, mise 330 operai a scoibentare 3mila carrozze ferroviarie. 20mila quintali di amianto finiti sotto l’edificio della stazione che stava nascendo, nel cortile della fabbrica, nei capannoni, nei fiumi, nelle campagne, nei boschi e, soprattutto, nei polmoni degli operai che lavoravano a mani nude. Addirittura, prima che i capannoni della fabbrica fossero pronti, la scoibentazione avvenne per circa sei mesi sui binari della stazione di Avellino, a pochi metri dalle case, da un campo sportivo, da un asilo, dalle scuole e dal parco giochi per i bambini.