La Caporetto della sanità irpina, tra morti e feriti nella tempesta Coronavirus

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Ospedali Irpini Ariano e Sant'Angelo
Giuseppe Di Leo

La Caporetto della sanità irpina, tra morti e feriti nella tempesta Coronavirus

Una sanità idrocefala incapace di garantire i servizi sanitari essenziali

di Giuseppe Di Leo

La Caporetto della sanità irpina ed in particolare di quella dell’alta Irpinia, nel presidio ospedaliero di Ariano Irpino “sant’Ottone Frangipane”, espresso con chiarezza nelle parole delle operatrici del centro Minerva, che seguono con sgomento gli eventi della tempesta coronavirus che si sta allargando, con preoccupazione, alle RSA, vulnerabili per la loro particolare organizzazione, non conforme ai dettami della prevenzione delle malattie infettive. Eroi moderni, o meglio, eroine moderne, sono sempre le donne quelle più esposte, che da sempre seguono l’assistenza delle persone più deboli di casa, come gli anziani, patrimonio della nostra cultura familiare. Il focolaio infettivo arianese, ha dato la stura, ad un contagio che ha reso, l’Alta Irpinia, una zona tra le più contagiate del sud Italia. Di fronte a questa emergenza, nessuno fa niente, anche nella parte più semplice, di fornire di dispositivi per la sicurezza personale gli operatori sanitari sul campo. A più di un mese dallo scoppio dell’epidemia covid-19, questi presidi, sono introvabili, ed è gravissimo, per un Paese manifatturiero come l’Italia, il secondo in Europa dopo la Germania, non rendersi autonomo, per produrre e fornire di tutto quello che serve, non solo gli operatori sul campo, ma anche tutti i cittadini che volessero dotarsene, anche acquistandoli, nelle farmacie o nelle sanitarie regolarmente aperte. Una falla si è aperta anche nella sanità altirpina, già in difficoltà per i focolai di Ariano Irpino, che hanno causato, non pochi problemi organizzativi. Nel presidio ospedaliero di Sant’Angelo dei Lombardi, sanitari in fuga per un presunto contagiato, che recatosi al pronto soccorso mobile, per fare il triage, predisposto in una tenda fuori dalla struttura vera e propria, non trovando nessuno che accertasse la sua presunta positività al covid-19, è stato invitato ad entrare, nel plesso sanitario, vanificando in questo modo, qualsiasi protocollo di prevenzione, per evitare  il contagio in punti nevralgici della filiera ospedaliera, per i casi sentinella, da segnalare e seguire nelle procedure d’emergenza, raccomandate dall’ OMS. Ma quello che è successo dopo, sa letteralmente di resa senza condizioni, gli operatori presenti nel presidio, sono letteralmente scappati via, perché privi dei dispositivi di sicurezza personali, che grazie a pochi volenterosi, a costo di personali sacrifici, impavidi eroi dei nostri tempi, hanno portato conforto, e ascolto al povero malcapitato, già in stato ansioso per la valutazione dei propri parametri febbrili, ed influenzali. Questo ci racconta la cronaca nell’era del coronavirus. Noi vorremmo immaginare un’altra storia, che gente impreparata a governare eventi unici, come la pandemia in atto, abbiano pensato che la propria inadeguatezza, soprattutto per la mancanza, grave, nella dotazione dei dispositivi di sicurezza personali, possa aver generato comportamenti non sempre all’altezza, di gente che quotidianamente è in contatto con la sofferenza umana.

Papa Francesco, nella solenne benedizione “urbi et orbi”, in una piazza San Pietro, vuota e sotto una pioggia battente, ha invitato, in questi tempi cupi, dove fitte tenebre si sono addensate sulle nostre città, i sacerdoti a non essere tanti Don Abbondio, ma di stare vicini al popolo di Dio, invocando la materna intercessione della Madonna, per la fine della pandemia virale in atto. Questo caso, ci fa riflettere, sullo stato della sanità irpina, devastata negli ultimi anni, da dirigenti di tutti i colori politici, più attenti a privare di risorse le nostre strutture sanitarie, per compiacere quel napoli-centrismo, che rende la nostra regione idrocefala, incapace di garantire i servizi sanitari essenziali anche a persone residenti in periferia. Ancora oggi, assistiamo a ritardi clamorosi per dotare di strutture emergenziali per il coronavirus, e per le restrizioni di tutti quei soggetti che necessitano di limitazioni, perché asintomatici. I tamponi andrebbero fatti a tutti, coinvolgendo tutti i laboratori di analisi presenti sul territorio, per mappare le positività al covid-19, moltissime di queste asintomatiche. Si calcola che per una persona infettata, ve ne siano altre dieci potenziali infettate, non censite. Di questo dovrebbero rispondere, i vertici della sanità irpina.

Giuseppe Di Leo Giornalista Pubblicista ODG Campania