Da Francesco, un calcio all’indifferenza con il suo cortometraggio in gara alla Rai

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S. Michele di Pratola . Non è mai potuto andare a ballare, Fabio. È inchiodato su una maledetta sedia a rotelle a causaz di quella malattia, per la quale non vuole essere compatito ma, quanto meno, compreso. E i due nuovi compagni di classe, che non promettono niente di buono già quando entrano in classe, gli organizzano la festa del suo compleanno nel bagno della scuola. Come a dire che non può andare davvero in una discoteca, o in una grande sala da ballo, o a casa sua, per farsi vedere dagli altri. È una trappola. Quei due bulli gli fanno anche la pipi addosso, e lo umiliano, tra le lacrime dei suoi migliori amici. Che nulla possono. Fabio, il giorno dopo, non va a scuola e in villa trova un suo amico, quello vero stavolta, che gli recita le battute dei film che Fabio vuole vedere. Perché non è mai andato a ballare ma  neanche a cinema. Che, quando viene a sapere quello che gli hanno fatto, a sua volta medita la vendetta nei confronti di quei due bulli. Una lezione durante la quale interviene proprio Francesco che, però, poi li fa smettere subito. “Può bastare-infatti, dice-. Non serve a niente, perché ha già perso”. È la storia di un cortometraggio, “Essere diversi”, realizzato da Francesco Musto, 24 anni, di S. Michele di Pratola, in gara per il premio Rai Cinema. Cominciato due anni fa, se terminato lo scorso settembre, dura poco più di un quarto d’ora. Una storia, di cui Francesco è regista ed attore, mentre la sceneggiatura è di Crescenzo Fabrizio, di ordinario bullismo. Ma che, per chi lo ha girato, è invece un grido d’allerme e, insieme, un inno alla vita. Il diversamente abile non vuole essere guardato con gli occhi della commiserazione ma non vuole essere maltrattato per la sua condizione. Anche perché indifeso. E sostiene il diritto di essere uguale a tutti noi.”Ho preso spunto-dice Francesco Musto-d’un grave atto di bullismo accaduto in un istituto di Torino”. Sentiva che, pur nella sua condizione,” dovevo farmi sentire-dice-e fare qualcosa di concreto”. Non ha mai subito atti di bullismo, e dice che  è importante far sapere come ci si può sentire.”Con questo mio lavoro mi rivolgo a chi è nelle mie stesse condizioni e si chiude in se stesso e, talvolta, ricorre anche a gesti estremi”.”Perché non è soltanto la diversità fisica che salta agli occhi ma dobbiamo andare a ricercare la diversità interiore”. Ogni giorno “il fenomeno del bullismo è più vivo che mai” ed”Essere diversi” vuole”smuovere le coscienze e far capire-dice Francesco Musto-che la violenza può far male anche all’anima”.
È un racconto crudo, fin troppo reale, senza fronzoli, che non induce a nessun pietismo, quello firmato dall’autore del corto. ” Ma è proprio cosi che doveva essere-dice infatti Francesco Musto, che dalla nascita hala distrofia muscolare ed ha frequentato l’Istituto Tecnico Economico” Giustino Fortunato “ad Avellino”. La sua condizione la ha vissuta senza problemi “perché mi hanno dato la necessaria serenità gli amici, gli affetti. Sono contento della vita che ho fatto”. Francesco ha viaggiato molto, ha giocato a calcio nella carrozzina.”Sono contento della vita che ho fatto, ho vissuto una bella infanzia”. Grazie anche a due genitori che sono stati sempre al suo fianco. Francesco è un monito per tutti i diversamente abili che, purtroppo, non hanno la sua grande forza d’animo. E la sua voglia di vivere.”Non ho dubbi. Vivo il mondo senza aspettare. Così come viene. E aperto verso gli altri”. Di grande aiuto è stata anche la piccola comunità in cui vive, S. Michele di Pratola,”una grande famiglia. Io amo la mia terra-dice Francesco -, perché sono irpino dentro”.    A telefono è proprio  quella sensazione che ti da, questo ragazzo che non cerca nessuna pietà : ma la gioia per la vita ed il perdono. E, attraverso il suo cortometraggio, ci insegna proprio questo.
Giancarlo Vitale