Scuola emergenza Covid: aule non sicure per alunni, docenti ed Ata , si rischia di aumentare il contagio

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Scuola emergenza Covid: aule non sicure per alunni, docenti ed Ata , si rischia di aumentare il contagio
L’avv. Salvatore Vincenzina esperta avvocato giuslavorista che da anni opera con successo nel settore scuola ha evidenziato le grosse difficoltà che sta attraversando la scuola in questa “terza fase” della pandemia, soprattutto per le tante varianti del virus, che mettono a repentaglio la salute  degli alunnni e soprattutto quella degli operatori della scuola: docenti e personale ATA.

Facendo seguito al Comunicato Stampa del Consiglio dei Ministri n.10 del 31 Marzo 2021, e al conseguente D.L. del giorno 1 Aprile 2021 si è appreso che il Consiglio dei Ministri ha disposto che dal 7 al 30 Aprile 2021 sia assicurato lo svolgimento in presenza dei servizi educativi per la Scuola dell’Infanzia nonché dell’attività didattica del primo ciclo di istruzione e del primo anno della scuola Secondaria di primo grado anche nelle zone rosse; inoltre si evidenzia come alle Regioni sarebbe interdetta la possibilità di intervenire con provvedimenti di maggior restrizione per la chiusura delle scuole.
Per queste motivazioni oltre un centinaio tra docenti e genitori, sparsi tra Puglia e Campania, hanno già deciso di prendere posizione contro la didattica in presenza, affidandosi ad atti di significazione.
L’azione può essere estesa, studiandone le casistiche, a tutte le zone d’Italia atteso che l’atto in questione è indirizzato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Ministero della Salute e quello dell’Istruzione ed eventualmente ai Sindaci che, pur in presenza di contagi elevati, non dispongano la Dad.
Tale atto è utile per comunicare a tutti i destinatari che, in caso di contagio da parte degli interessati, saranno ritenuti responsabili e saranno perseguiti in tutte le sedi giudiziarie. Non si lamenta soltanto l’eventualità di contrarre o ri-contrarre il virus, ma anche di doversi sottoporre a una ennesima quarantena, perché il problema non è solo quello di ammalarsi, ma anche quello di doversi improvvisamente isolare per 15 giorni, interrompendo bruscamente tutti i contatti con la propria famiglia e il proprio contesto sociale e lavorativo, sperando che non compaiano sintomi o non si sviluppi l’infezione.
Si precisa fermamente che non si tratta di un’iniziativa sindacale. Il nostro team di lavoro da tempo sta conducendo una battaglia legale relativa ai Dpi sui posti di lavoro e conseguentemente, nell’ottica del lavoro già svolto e che continua imperterrito non solo nelle aule giudiziarie, è scaturita questa diffida. In questo caso si parla di lavoratori della scuola ma le cose che affermiamo valgono per tutti i lavoratori, pubblici o privati.
È palese come la ripresa della didattica in presenza aumenterà certamente la diffusione dei contagi e questo si riverserà su tutti gli altri settori della vita, della società, del lavoro.
I nostri atti potranno essere sposati da chiunque, in qualunque momento e auspichiamo persino che gli stessi governatori, con un atto di coraggio ci affianchino, perché è fondamentale per un lavoratore sentire che le istituzioni sono al suo fianco.
Per le scuole, e non solo, si parla di un’attività svolta per diverse ore all’interno di aule, in cui la distanza minima non viene garantita, in presenza di una serie di rapporti relazionali tipici di tale attività e di tutti i luoghi in cui gli scambi relazionali sono continui e sempre presenti. Tale pericolosità è affermata da validi studi scientifici di livello internazionale e validati dalla comunità scientifica come quello dello scorso anno pubblicato sulla rivista “Viruses” condotto dal professor Palù, virologo dell’Università di Padova e dal matematico del Cnr Sebastiani.
Studi che trovano riscontro in un’intervista rilasciata dal professor Lopalco lo scorso 2 aprile, quando ha affermato che “abbiamo fatto benissimo ad intervenire con le nostre ordinanze per cercare di limitare la didattica in presenza”, una volta verificata la relazione causale tra la didattica in presenza a la diffusione del virus.
Va evidenziano inoltre come fuor di polemica, lo stesso Iss, nel rapporto n. 4 dello scorso 13 marzo ha affermato che il “Centro Europeo per la prevenzione alla diffusione del virus” ha valutato come molto alto il rischio di trasmissione associato alla diffusione delle varianti. Lo stesso Cts, nel verbale 59 del 26 aprile del 2020, quando ancora le varianti non esistevano, ammetteva che la scuola rappresentava un ambito ad elevato rischio di diffusione, affermazione che oggi pare stranamente dimenticata.
Anche il controverso studio della Gandini, che ha fatto dire al governo di riaprire le scuole “che sono sicure”, nel riportare i dati che riguardano i dati parziali dei contagi relativamente al periodo della seconda ondata, evidenzia certo una bassa incidenza dei contagi rispetto alla media nazionale per la fascia di età 6/13; ma la stessa incidenza risulta già praticamente identica alla media nazionale per la fascia di età 14/18 e presente una incidenza DOPPIA rispetto alla media nazionale relativamente ai dati degli operatori scolastici affermando la tesi che anche prima dell’avvento delle varianti i contagi dei lavoratori sono stati diffusi e costanti e soprattutto con una incidenza rilevante.
Non va dimenticato che anche recentemente “Lo European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), nel documento del 15 febbraio 2021, ha valutato il rischio di trasmissione associato all’introduzione e alla diffusione nella comunità delle varianti di SARS-CoV-2 come alto/molto alto per tutta la popolazione e molto alto per gli individui vulnerabili. Di conseguenza, è necessaria un’applicazione più rigorosa delle misure non farmacologiche per ridurre la diffusione dell’infezione e alleviare la pressione sui sistemi sanitari.” E tra queste misure non farmacologiche sono incluse le sospensioni delle attività in presenza. (fonte Rapporto ISS COVID-19 n. 4/2021)