Astronomia multimessaggera: la nuova scienza che vuole vedere l’invisibile di Michele Zarrella

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Siamo continuamente attraversati da onde invisibili e non ce ne accorgiamo. Le ultime onde scoperte dagli scienziati nel settembre del 2015 sono le onde gravitazionali teorizzate nel 1915 – un secolo prima – da Albert Einstein (1879-1955) nella sua teoria della relatività generale. È stato il tassello mancante alla verifica sperimentale della validità della relatività generale. Le onde gravitazionali sono increspature dello spaziotempo paragonabili alle garbate onde che si provocano sulla superficie piatta e immobile di uno stagno quando lasciamo cadere un sasso dentro. Ma cosa provoca le onde gravitazionali? Non certo un sasso! Ma sostanzialmente è un fenomeno simile. A provocarle sono masse in accelerazione che esplodono o implodono rapidamente come nel caso di quelle rilevate dagli scienziati nel 2015: lo scontro e la fusione di due buchi neri avvenuta a velocità sempre maggiori con ordini di grandezza paragonabili a quella della luce: 300.000 km/s. Si crea così un’increspatura dello spaziotempo che si propaga e si allontana alla velocità della luce investendo tutto l’Universo. La prima onda gravitazionale è stata rilevata il 14 settembre 2015 alle ore 9:50′:45″ dell’ora di Greenwich. Il nostro pianeta è stato investito da un’onda gravitazionale relativa a un evento accaduto un miliardo e trecento milioni di anni fa: la coalescenza di due buchi neri aventi la grandezza di 29 e 36 masse solari che hanno formato un super buco nero di 62 masse solari.

Immagine tratta da Internet

Le mancanti 3 masse solari si sono trasformate, secondo la famosa equazione E = mc2, in energia: l’energia dell’onda gravitazionale che è stata rilevata dagli interferometri terrestri. Gli interferometri sono strumenti capaci di misurare piccolissime, infime variazioni di lunghezza. Pensate che l’enorme collasso cosmico dei due buchi neri ha causato un’onda gravitazionale la cui un’increspatura dello spazio-tempo ha fornito nel rivelatore LIGO uno spostamento di 10-16 cm: pari al diametro di un elettrone.

Dal 2015 si sono osservate una cinquantina di onde gravitazionali e dal loro studio si è aperto un nuovo capitolo della fisica, un nuovo modo di osservare l’Universo. Oltre all’esistenza di coppie di buchi neri si è osservato anche la collisione di stelle di neutroni con buchi neri, di stelle di neutroni contro stelle di neutroni. Quando nella collisione partecipa una stella oltre alle onde gravitazionali vengono emesse onde elettromagnetiche e neutrini. Quindi abbiamo tre tipi di messaggi: onda gravitazionale, onda elettromagnetica e neutrini. Da qui è nata quella che viene chiamata Astronomia multimessaggera, cioè lo studio dei fenomeni cosmici attraverso canali diversi. Un po’ è come se per studiare un fenomeno sulla Terra utilizzassimo gli occhi (onde elettromagnetiche), ma anche l’udito (onde gravitazionali) e il tatto (neutrini). Con l’astronomia multimessaggera si sta dando la caccia all’esplosione di una supernova: la morte di una stella. Un processo di esplosione che sostanzialmente invia tutti e tre i tipi di messaggi perché porta alla creazione di un oggetto collassato, di neutrini e di una immensa nube di gas e atomi che si espande nello spazio circostante con forte emissione elettromagnetica. Oggi conosciamo la radiazione di fondo elettromagnetica, cioè il nostro Universo a 380.000 anni dopo al Big Bang.  È il residuo fossile più antico. Ha 13.799.420.000 anni. Ma la caccia dell’astronomia multimessaggera si estende a cercare quello che accadde prima dei 380.000 fino a giungere al residuo cosmico delle onde gravitazionali dell’inflazione, praticamente a pochi istanti immediatamente successivi alla creazione dell’Universo fisico, quando gli scienziati non sono ancora in grado di spiegare quali fossero le leggi della fisica che dominavano quella condizione dell’Universo in cui massa ed energia erano un tutt’uno. Per fare ciò occorrono strumenti molto sensibili e sofisticati.

Immagine tratta da Internet

Per questo gli scienziati hanno proposto di costruire in Sardegna l’Einstein telescope: un nuovo strumento di altissima precisione che dovrebbe portarci a scoprire, attraverso l’astronomia multimessaggera quello che accadde all’Universo nell’istante successivo alla sua creazione.

Ing. Michele Zarrella