COP 26 occorrono i fatti di Michele Zarrella

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Il nord della Terra si sta scaldando tre volte più velocemente del resto del pianeta. In Siberia il permafrost, il terreno ghiacciato, si sta sciogliendo. Fino a qualche decennio fa si pensava che il permafrost fosse perenne ma l’effetto del riscaldamento globale lo sta rendendo soffice, lo sta sgretolando e lo sta rendendo incapace di reggere le strutture che sono state edificate su di esso. La case si deformano e si lesionano a causa dello sprofondamento delle fondazioni nel terreno divenuto morbido.

I gasdotti, gli oleodotti e tutte le tubazioni reggono ancora grazie al materiale elastico con cui sono fatti. Le foreste si inclinano e gli alberi pendono di qua e di là. Qualcuno li ha definiti “ubriachi”. Ma di “ubriachi” ci sono solo gli uomini appartenenti alla specie sapiens che ne sono la causa e non prendono coscienza del problema nemmeno di fronte ai tanti campanelli di allarme. Vogliamo ricordare che quest’estate mentre il nord dell’Italia lottava con alluvioni devastanti al sud tanti incendi flagellavano alcune regioni? Ogni cittadino deve prendere coscienza che il fenomeno è già in atto. La crisi climatica la stiamo già vivendo. Il permafrost sciogliendosi aggrava l’effetto serra perché i gas intrappolati in esso si liberano e vanno nell’atmosfera contribuendo al suo riscaldamento in maniera molto maggiore dell’anidride carbonica (CO2). Uno dei gas intrappolati è il metano. Una molecola di metano contribuisce al riscaldamento globale in maniera di decine di volte maggiore rispetto a una molecola di CO2. Tutto ciò crea un circuito vizioso che aggrava sempre più la situazione.

A fine mese inizierà a Glasgow la COP26 sui cambiamenti climatici. L’obiettivo primario è ridurre tutte le emissioni di gas serra di natura antropica. Questo deve essere fatto il più presto possibile. Se ci poniamo l’obiettivo di abbassare l’immissione di gas serra nell’atmosfera del 5%-7% in circa venti anni possiamo riportare la concentrazione di gas serra intorno alle 300 parti per milioni e contenere l’aumento della temperatura entro i due gradi per fine secolo: l’obiettivo di Parigi sottoscritto da 192 Paesi ma rimasto inattuato. Anzi le cose vanno peggiorando di anno in anno. Sono decenni che continua il solito bla bla bla di governanti e politici. Dal riscaldamento globale dipende il futuro di tante specie viventi e della società per come la conosciamo. Il messaggio che deve inviare la COP26 è chiaro: bisogna invertire la rotta e iniziare a cambiare davvero stili di vita di ognuno di noi, ridurre progressivamente l’immissione di gas serra e la combustione delle fonti fossili, seminare alberi ovunque possibile anche per fermare la desertificazione, e modificare le politiche nazionali e internazionali. Se invertiamo la rotta ora, subito, ci vorranno almeno 20 anni per ritornare a l’equilibrio della biosfera a valori accettabili e vivibili. Se lo faremo avremo una biodiversità e degli ecosistemi capaci di resistere alle condizioni sempre più estreme che il riscaldamento globale potrebbe portare nei prossimi anni.

Ing. Michele Zarrella