La Via Appia patrimonio UNESCO

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Tullio Faia

La Via Appia patrimonio UNESCO

a cura di Tullio Faia

Nel 2016 ebbi il piacere di conoscere Paolo Rumiz, giornalista, scrittore e viaggiatore, in un tratto della via Appia (nei pressi di Mirabella Eclano) dove presentò il suo libro “Appia”, edito da Feltrinelli. Egli percorse a piedi, con un gruppetto di amici, la prima grande via europea da Roma a Brindisi. Rumiz, successivamente, pose all’attenzione delle Istituzioni la necessità che la Via fosse valorizzata e riconosciuta in tutto il suo valore universale.

Quella della via Appia, che il poeta Stazio nel I secolo definì “Regina viarum”, è una storia importante e significativa, raccontata anche da Goethe, fatta di grandezza e parziale scomparsa, fu costruita tra la fine del IV secolo a.C. e il III secolo, a.C., 312 a.C. dal censore Appio Claudio Cieco con lo scopo iniziale di garantire un rapido movimento delle truppe verso l’Italia meridionale. “La sua edificazione, considerata tra le maggiori opere di ingegneria civile dell’età antica, segnò le prime grandi affermazioni dei romani, con le conquiste territoriali a danno di Sanniti e delle popolazioni magnogreche; successivamente divenne centrale nelle rotte commerciali, dato che collegava Roma con i porti ionici e adriatici e dunque con la Grecia e poi l’Oriente, una parte del suo tracciato, con la decadenza dell’impero, fu praticamente tombata e scempiata fino a sparire.

Per lungo tempo la Via è stata luogo di irresponsabili e incontrollate speculazioni edilizie, come segnalato già dalla seconda metà del ‘900 da Antonio Cederna, giornalista, scrittore e ambientalista  che  fu tra i primi a immaginare la Regina Viarum come un museo a cielo aperto.

Nel 2020, il Ministro per i beni e per le attività culturali e per il turismo, D. Franceschini varò il progetto, “Appia Regina Viarum”, da 20 milioni di euro per  la valorizzazione e messa a sistema del cammino lungo l’antico tracciato romano. Non ci risulta che il progetto sia stato mai realizzato o abbia trovato l’interesse di altri governi.

Nel gennaio del 2023 è stato firmato, dal Ministro della Cultura, il Protocollo d’intesa per la candidatura della Regina Viarum per il riconoscimento come sito Patrimonio dell’umanità.

Il 27 luglio 2024 sulla scorta dell’impegno, del coordinamento e della candidatura avanzata dal Ministero della Cultura –  con la collaborazione di quattro regioni (Lazio, Campania, Basilicata e Puglia), 13 città metropolitane e Province, 74 Comuni, 14 Parchi, 25 Università, il Ministero degli Affari esteri e la Pontificia commissione di Archeologia –    il Comitato del patrimonio UNESCO si è riunito a Nuova Delhi e ha deliberato l’iscrizione della via Appia “Regina Viarum”

(ma anche “insignis, nobilis, celeberrima”, come scrivevano i latini)”, nell’elenco dell’Unesco.

Tra le motivazioni del riconoscimento, scrive la Commissione: “Per quanto riguarda il criterio III, la via Appia costituisce testimonianza eccezionale di una tradizione culturale o di una civiltà vivente o scomparsa in quanto modello delle viae publicae, che contribuirono alla diffusione della civiltà urbana e all’unificazione culturale di tutte le genti del mondo romano”.

Con questo riconoscimento l’Italia diventa in assoluto la prima al mondo per numero di siti UNESCO (60 Italia, 59 Cina, 52 Francia).  Senza dubbio è un bel successo!

I risultati arrivano quando si fa il gioco di squadra senza pregiudiziali o grette visioni di parte. O peggio nel non riconoscere i risultati altrui. E’ auspicabile che l’Olimpiade, appena conclusa, abbia insegnato qualcosa, ad esempio a battere le mani all’avversario.

Adesso, col riconoscimento che è soltanto un punto di partenza, si tratta di gestire la “Regina Viarum” come sito UNESCO, si dovrà provvedere alla protezione dei 612 km del percorso. Infatti la Convenzione per il Patrimonio mondiale prevede che gli Stati membri presentino periodicamente un rapporto sulle misure adottate, sulle azioni poste in essere per “onorare” gli impegni assunti. Ma a prescindere dagli obblighi dovuti, si tratta di non perdere un’occasione unica per le aree interne della Campania e delle altre regioni, un’opportunità di sviluppo per contrastare lo spopolamento e uscire da una posizione di marginalità. Lo ha ben compreso il sindaco di Benevento (dei politici di una volta tutto si può dire tranne che fossero carenti di idee, di cultura e di lungimiranza!) che, oltre a contribuire all’ottimo risultato, ha lanciato un’idea che gli amministratori dei comuni, che insistono lungo questa area geografica, devono cogliere al volo e renderla concreta, senza alcuna esitazione. “La mia proposta è far fruttare questo splendido riconoscimento mediante un’ associazione dei Comuni della via Appia che insieme organizzino iniziative turistico-culturali: food ed enologia, sentieristica, arte e archeologia, sport e concerti. Immagino dei piccoli giochi olimpici tra i comuni della via Appia». Aggiungiamo che sarebbe indispensabile anche la promozione nelle scuole, di ogni ordine e grado, di visite guidate al fine di consentire ai nostri giovani di consapevolizzare e offrire il loro contributo per la valorizzazione della Regina Viarum.

Perché tutto ciò sia possibile è necessario un cambio di paradigma che implica un cambiamento radicale di mentalità nella direzione del lavorare insieme per il bene comune, attraverso la costruzione di una governance condivisa, uscendo dall’ atavico individualismo amministrativo che non ha dato mai risultati concreti e permanenti. Intanto, nel brindisino è nato il coordinamento “Appia Unesco Brindisi” con la reiterazione del paradigma localistico. Non resta che attendere le prossime azioni delle altre amministrazioni che, pure, hanno collaborato col Ministero della cultura per ottenere il riconoscimento UNESCO.