Avellino – “Lenzuola Bianche” al convento: una protesta tra luci e ombre

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Non è  affatto un rifiuto quello dei cittadini di via Francesco Tedesco ma una protesta per difendere i propri diritti, per far comprendere che il territorio non può offrire un’accoglienza così numerosa.

Con superficialità e arroganza sono definiti razzisti coloro che, semplicemente e in modo pacifico, cercano di spiegare le motivazioni per le quali questa zona non può essere la sede  di un centro per migranti.

Ultimamente l’uso del termine ‘razzista’ è diventato un abuso, sembra risolutivo chiudere in una ‘categoria’ e condannare ma ovviamente non è  così.
Nessuno si sta ribellando in nome di una presunta superiorità di razza : questo concetto è stato da tempo culturalmente e scientificamente superato.
Le lenzuola bianche non simboleggiano un conflitto tra ‘bianco e nero’, non sono espressione di un contrasto e di un rifiuto ma manifestano pacificamente un disagio, l’impossibilità di accogliere un elevato numero di persone in mancanza, oltretutto, di piani di integrazione.
Infatti, come sostiene Don Emilio Carbone, parroco della comunità, ‘ le lenzuola sono state un modo per richiamare l’attenzione sul problema, per farsi ascoltare e il bianco  è stato scelto come espressione di arresa alle decisioni degli altri’.La protesta non è rivolta ai rifugiati bensì all’Amministrazione che ha individuato un quartiere per ricevere circa 100 immigrati.  Questa scelta è stata operata senza considerare la realtà della zona, già economicamente in difficoltà,  e in assenza di un progetto che possa garantire una convivenza civile. Ospitare indipendentemente dalle reali condizioni del territorio vuol dire ‘imporre’ ai cittadini un cambiamento di vita e di struttura sociale. Don Emilio sottolinea che ‘questa situazione ha avuto un impatto notevole sulla gente perché la comunità non è stata avvisata. La protesta è stata interpretata da qualcuno come un rifiuto. Ma non è così.  Non si è discusso se accogliere ma sul come accogliere. Sono contento della maturità che ha dimostrato la comunità nel rendersi disponibile’.  Non manca ai cittadini la disponibilità umana e caritatevole ma quella concreta, materiale per offrire un adeguato ed efficiente aiuto; manca un programma, la conoscenza delle modalità in cui sarà realizzato l’inserimento nel territorio. È  semplice, è di moda etichettare come razzisti appagando così la propria coscienza e sentirsi buoni: aprire il cuore e la mente non vuol dire questo. Ospitare e accogliere presuppongono innanzitutto un luogo confortevole che possa soddisfare i bisogni primari che, per un essere umano, non includono solo mangiare e dormire ma anche necessità intellettive, impegno, progettualità. Quindi l’ospitalità e l’accoglienza dovrebbero essere realizzati rispettando la dignità,  garantendo una quotidianità non scandita dal ‘nulla’ e una vita in cui non sia assente un obiettivo. Il passaggio successivo dovrebbe essere l’integrazione, cioè la fattiva interazione. A tal proposito Don Emilio parla di ‘accoglienza sostenibile. Sostenibile vuol dire innanzitutto accogliere un numero di persone non elevato per poter garantire l’inserimento nel tessuto sociale. L’accoglienza non deve essere intesa considerando solo la struttura fisica, cioè mettere a disposizione un luogo idoneo, per struttura va intesa anche la comunità. Per questo è necessario realizzare una sinergia tra amministrazione, cooperative e abitanti. Lavorare insieme è importante per elaborare un progetto finalizzato alla piena integrazione’. La  condizione economica e politica del nostro Paese non permette di attuare pienamente questo piano ambizioso, seppur  umanamente condivisibile, pertanto si creano disagi, proteste, malumori che  non possono essere risolti con un’accusa di razzismo e un ostinato atteggiamento di buonismo.  ‘Non esiste una ricetta ‘ per realizzare un’integrazione che possa soddisfare sia le esigenze della comunità sia le necessità dei migranti, però Don Emilio invita al dialogo , al confronto che sono il ‘sale non solo della democrazia ma alla base di un progetto costruttivo per individuare i percorsi da seguire e le possibili soluzioni’.   Il BIANCO delle lenzuola, in silenzio, è un grido di aiuto dei cittadini non avellinesi ma italiani che in nome della PACE chiedono che i diritti dell’uomo, dichiarati fondamentali dai Padri Costituenti, siano rispettati.

Tina Fasolino