LA COP26 E GLI SCENARI FUTURI DI MICHELE ZARRELLA

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Migliaia di ragazzi di Friday For Future manifestano e sfilano a Glasgow ove si svolge la COP26 sui cambiamenti climatici. I giovani si confrontano con i delegati di tutti i paesi partecipanti e con gli esperti del clima. Ancora una volta tutto dipende dalle decisioni che verranno prese e messe in atto. Ma pare che ancora una volta – per la ventiseiesima – i governanti non riescono a trovare un accordo nemmeno sulla data da fissare per azzerare le emissioni di gas serra.

Intano gli scienziati dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Cange) ancora una volta avvertono che il tempo è poco. Troppo poco. E ci mostrano 5 scenari possibili per la Terra a seconda delle azioni che intraprenderemo, dallo scenario migliore: quello in cui si raggiungeranno emissioni zero nel 2050 a quello in assenza totale di tagli alle emissioni. Ogni scenario delinea il futuro della biosfera tenendo conto di vari fattori: quantità di emissioni di gas serra che continuiamo a introdurre in atmosfera, aumento della popolazione mondiale, tipo di sviluppo industriale, quantità di fonti rinnovabili utilizzate, ecc.  Ma quello che c’è da sapere è che se la temperatura aumentasse di un grado e mezzo gli eventi climatici estremi che accadono una volta ogni dieci anni diventerebbero quattro; se invece la temperatura aumenta di 2 gradi diventerebbero quasi dieci; se invece la temperatura dovesse aumentare di 4 gradi ne avremmo cento. I cambiamenti futuri del nostro clima e il modo in cui influenzeranno la nostra salute e le nostre attività dipendono dalle scelte e dalle azioni che facciamo oggi. Dipende da quando arriveremo davvero a emissioni zero. Possiamo sintetizzare così: il nostro clima è il nostro futuro. Cosa vogliamo perdere? Dipende da noi.

Stiamo assistendo a molteplici cambiamenti climatici in ogni parte del nostro pianeta, ma dobbiamo anche dire che per ogni mezzo grado di aumento della temperatura media globale ogni regione avrà un cambiamento climatico diverso da quello delle altre. Infatti in Artico si ha il cosiddetto effetto di amplificazione artica. In Artico la temperatura tende ad aumentare più velocemente rispetto alle altre regioni. Se l’aumento medio della temperatura globale sarà di un grado in Artico sarà circa 3 volte maggiore. Sulle Alpi il cambiamento sarà maggiore che nel resto d’Italia. Infatti i ghiacciai si stanno già sciogliendo. Altra situazione clamorosa è quella delle barriere coralline. Per un aumento di un grado e mezzo lo scenario prevede che ci sia una riduzione della superficie del 70, 90% e con due gradi diventerebbe quasi del 99%. Con un grado e mezzo di aumento della temperatura media c’è una stima di un 8% di perdita di alcune specie di piante, con due gradi diventa il doppio: quasi un 16%.

Oggi siamo ancora in tempo a contenere il riscaldamento globale in un aumento “accettabile”, contenuto al di sotto di un grado e mezzo o due gradi alla fine del secolo e quindi con danni sopportabili. Ma dobbiamo agire subito. Dobbiamo agire in modo globale. Dobbiamo agire in modo duraturo. Il tempo a nostra disposizione è poco: al massimo dieci anni.

Ing. Michele Zarrella