25 Aprile: l’Italia unita riparte dalla Liberazione di Nicola Prebenna

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Rosso di sera, buon tempo si spera
   Il ricordo della Liberazione è il terreno su cui costruire il futuro dell’Italia. E’ la prima volta dell’epoca repubblicana che alcune cariche istituzionali di primo livello sono affidate a personalità ancora legate in parte al ventennio fascista. La storia registra i fatti significativi che hanno segnato la vita di una nazione, di un popolo. Dopo una guerra affrontata con mire aggressive e scatenata per soddisfare ambizioni imperiali, dopo un periodo segnato da scelte antidemocratiche e lesive dei diritti fondamentali dei cittadini, l’Italia era alla mercé dell’esercito nazista, spalleggiato dalle milizie fasciste.
   Mentre gli alleati occupavano parte dell’Italia, si consolidava la lotta ai nazifascisti portata avanti dal CLN, Comitato di Liberazione Nazionale, formato da quanti si opponevano al fascismo: socialisti, popolari, comunisti, liberali ed altri ancora. Con la liberazione di Milano, il 25 aprile del 1945, si assesta un colpo decisivo al nazifascismo e si comincia a pensare al futuro del paese su basi nuove. E si creano i presupposti per quella che sarà la Nuova Italia, che fa la scelta repubblicana, che elegge la Costituente, e che si dota della nuova Costituzione a cui legare la vita del paese rinato a nuova vita.
   I valori sanciti dalla Costituzione sono ispirati a principi democratici e, naturalmente, antifascisti. Questa è storia! Non sono mancati, e sono ancora presenti, gruppi e persone che consideriamo nostalgici e che, legati al ricordo e al culto del fascismo, pretendono giustificare le scelte fatte nel passato e decretarne l’assoluzione. La libertà è un diritto di tutti, pur se le affermazioni, le convinzioni vanno sempre corroborate da fatti.
   Si dà il caso che oggi, per la prima volta, il paese è governato da una coalizione che vede al primo posto un partito che non ha ancora fatto sufficiente chiarezza sul proprio rapporto con il legame con il retaggio fascista. Che fare? Ribadire che l’antifascismo è la premessa da cui è scaturita l’Italia postbellica è operazione legittima e doverosa. Che nei tempi presenti sia solo l’antifascismo a costituire la totalità dei valori da condividere mi sembra troppo riduttivo. I valori di democrazia e di libertà hanno oggi una dimensione più ampia.
   Sottolineare le sgrammaticature, gli errori, i ritardi con cui esponenti delle istituzioni esprimono il loro punto di vista su fatti storici acclarati è giusto, ma sarebbe auspicabile che il tono e le intenzioni si tenessero lontani dagli atteggiamenti che si vorrebbero stigmatizzare. Così è doveroso e prudente che chi è vissuto nella fede in valori superati e che rivestono ruoli di primo piano nelle istituzioni del paese pensino a lungo prima di esternare affermazioni che possono innestare fondate polemiche. Quel che ci pare utile sottolineare e proporre è che le cariche istituzionali siano consapevoli del loro ruolo “nazionale”, che esprimano in termini chiari il proprio pensiero, che riconoscano il contesto vero del tessuto democratico odierno.
   A coloro che si trincerano dietro l’antifascismo suggerirei di riflettere sul significato profondo della lotta al fascismo, e di non farne solo uno slogan, forse solo verbale. In questo modo si contribuisce a consolidare una nuova coscienza civile e democratica, che favorisca il confronto, il dialogo e soprattutto l’impegno a lavorare per il bene comune. Altrimenti, come direbbe il Poeta, è difficile vedere chi più si falla.