E’ impressionante la frequenza con cui negli ultimi tempi si sono consumati efferati delitti, la maggior parte ormai catalogati come femminicidi. Sono perpetrati e messi in atto da uomini che, senza esitazioni e sembrerebbe a cuor leggero, ammazzano donne a cui o sono stati legati per il passato o lo sono stati fino al tragico epilogo. In altre riflessioni sul fenomeno abbiamo, in passato, sottolineato lo scarso valore attribuito alla vita, parlando di insignificanza della stessa. Quel che è drammatico è che non si tratta di episodi circoscritti, di eventi occasionali e rari, ma di drammi sempre più ricorrenti, a cui si rischia di assuefarsi. Ora, non intendiamo ribadire quanto già espresso, ma desideriamo tentare di capire le ragioni di scelte a prima vista incomprensibili; pur riconoscendo che è presente, in chi arriva a sopprimere la vita di altri, una scarsa considerazione della vita. Su due aspetti desideriamo in questa breve riflessione porre l’accento, l’immaturità sentimentale e lo spaesamento di cui sono preda gli autori dei delitti. La società odierna, per quanto attiene alla relazione affettiva uomo-donna, è profondamente diversa da quella di alcuni decenni addietro; il matrimonio non è più avvertito come il destino immodificabile di una coppia innamorata, e ad esso si sono sostituite modalità nuove e diverse di vivere il rapporto affettivo rispetto a quelle del passato. Alle novità legislative, ai mutati costumi e abitudini, non sempre ha corrisposto una positiva maturazione personale, in grado di accompagnare e sostenere la persona coinvolta in una separazione, in una lacerazione e/o dissoluzione di un rapporto, in modo da elaborare ed affrontare, senza eccessivi turbamenti, la fine di una relazione. La convinzione che abbiamo maturato è che, pur essendo statisticamente non tantissimi, i casi di femminicidio, sono comunque numerosi. Si sono registrati negli ultimi anni, e pare che siano destinati ad aumentare significativamente. Attestano l’immaturità, la labilità psichica e la fragilità concettuale degli uomini che arrivano alla scelta estrema di liberarsi del fantasma che li ossessiona. Sarà l’orgoglio ferito, sarà l’egoismo sfrenato, sarà il piacere sadico della vendetta per supposti torti subiti dalla compagna, sta di fatto che l’uomo che arriva all’eliminazione della compagna o della moglie non è stato capace o di accettare le ragioni della fine di un rapporto o ha pensato di ristabilire gli equilibri mutati con la soppressione dell’altra. Una persona normale, che si dispone nei confronti della realtà e degli altri con attenzione e curiosità, è aperta alle novità ed è educato a commisurare la risposta al tenore dello stimolo. Di fronte a scelte che lo feriscono, soffre, ma riesce a reagire con la mente rivolta al superamento del disagio che lo attanaglia. Chi non è preparato, chi è immaturo, soccombe. Si chiude nella gabbia del proprio disagio, del proprio tormento e pensa che esso cessi eliminando il fantasma che lo perseguita. Purtroppo il fantasma non è irreale, evanescente, ma una persona reale e vera che finisce, talvolta anche per la propria insipienza o ingenuità, per cadere nella trappola della morte. Questa condizione è più diffusa di quanto si pensi; il disagio colpisce molte persone e quando si superano i limiti estremi, l’irreparabile si produce. A questo diffuso disagio s’apparenta la condizione di spaesamento: con questo termine intendiamo la condizione di chi si sente estraneo, fuori contesto, non accettato, indipendentemente se gli altri lo considerano tale o se si tratta di una sua personale percezione. Non avvertire il calore della comunità, non vivere la relazione di coppia con la predisposizione alla donazione, con il desiderio di amare, costituiscono il terreno di coltura su cui si innesta il virus del rifiuto della vita e la determinazione folle a distruggere quella degli altri.
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