Salerno – «Sulla movida di Salerno ho sentito dire tanto in questi giorni. Ma nessun accenno è stato fatto sul fronte dei diritti dei lavoratori. Forse in pochi sanno che l’80% di chi opera in questo settore lo fa senza alcuna tutela e in assoluta precarietà». E’ duro il monito di Luigi Vicinanza, dirigente della Cisal provinciale, sul comparto del by-night della città capoluogo. Lo fa con un comunicato stampa nel quale precisa. «Otto persone su dieci lavorano in spregio delle regole contributive e previdenziali. Questo non accade in altre realtà italiane, ma a Salerno. Di questo nessuno vuole parlare perché ovviamente metterebbe tutti davanti a responsabilità evidenti. Imprenditori e classe politica da questo punto di vista devono fare mea culpa».
Vicinanza, dunque, chiede una riflessione sui tanti lavoratori in nero o costretti a operare con i più disparati contratti, che violerebbero ogni normativa vigente in materia. «Ho sentito responsabili di discutibili associazioni culturali, che poi però agiscono come veri e propri imprenditori di locali, indignarsi per aver strumentalizzato l’iniziativa di una goliardica veglia funebre per la movida. Tuttavia, ci si dovrebbe vergognare per uno Stato che permette di aggirare le regolare e decretare la morte dell’economia e della legalità, non solo della movida».
Infine, l’appello alla politica. «Il sottoscritto non cerca visibilità, visto la storia sindacale che ho alle spalle», ha detto Vicinanza. «Ma non posso condividere che un esponente politico invochi una “stagione tranquilla” quando poi ci si disinteressa totalmente di come sono assunti i giovani in questi locali e come queste attività commerciali vanno avanti. Non si può pensare che tutto va bene perché le saracinesche sono aperte e la gente affolla il centro. Il rovescio della medaglia è la chiusura di negozi nel giro di 90 giorni e la perdita perenne di occupazione. Il sistema movida a Salerno è in agonia per colpa di questa politica. Per questo invoco i controlli delle forze dell’ordine per stanare chi non rispetta la legge».
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