Usa- L’eccesso di protezionismo di Trump

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Le dinamiche economiche sono in evoluzione e i parametri di crescita globali sono da rivedere al ribasso. Si tiene lontana la parola recessione anche se la bilancia pende in tal senso. Non siamo ancora allo shock ma la preoccupazione serpeggia tra gli analisti economici. E quando la prudenza è posta sulla piramide delle valutazioni economiche e sulle decisioni politiche dei governi su consumi e investimenti, siamo nel gabinetto della recessione. L’ anno scorso altro governo altra storia, i dati economici erano visti al rialzo dai vari istituti di previsione. Strumenti di aggiustamento 0,… che rispondono a logiche prudenziali e di adattamento dei modelli previsionali adottati dai singoli istituti: partendo dall’assunto che ogni sistema economico pur calibrato, ripete il proprio ciclo annuale senza grandi scossoni, il volume della produzione di beni e servizi cresce all’aumento della domanda degli stessi. La domanda è direttamente proporzionale ai consumi, investimenti, spesa pubblica e dal saldo con l’estero. Hanno destato, per esempio, molta sorpresa i Conti Economici Trimestrali ISTAT del terzo trimestre di quest’anno: 0,1% rispetto ai tre mesi precedenti. Un segnale che qualcosa nella dinamica economica si sta fermando. Oltre al rallentamento dell’export (la domanda estera), gli analisti hanno indicato che anche una stagnazione dei consumi interni. Ma a preoccupare di più gli analisti di tutte le latitudini è proprio il rallentamento del commercio internazionale, la cui causa sarebbe imputabile alla politica protezionista imposta dal presidente statunitense Donald Trump. Se l’export rallenta anche le principali economie mondiali avranno una brusca frenata. I dazi imposti da Trump ad un paniere di prodotti cinesi e ventilati anche nei confronti di quelli europei, provocheranno un grippaggio nel mondo economico globalizzato, che in questa epoca di guerra commerciale inciderà fortemente sulla crescita economica dei singoli stati.La ruota gira e in questo periodo storico il pendolo della globalizzazione sta compiendo un’ampia oscillazione all’indietro la tensione dell’elastico è stata portata vicino al punto di rottura. Colpa del populismo sviscerato di Bannon e nelle sue fallimentari teorie economiche, che si fondano sulla compressione del costo e dei diritti del lavoro, attraverso la delocalizzazione dei processi produttivi. Strada maestra per il profitto a range ravvicinato.Qualcosa nella politica produttiva economica di Bannon deve essere rimodulata. Non mi spiego perchè un’auto prodotta in Europa e importata negli Usa, debba pagare un dazio inferiore alla stessa auto assemblata negli Stati Uniti che fa il percorso inverso? Questa dicotomia lascia basiti. E questo spiega perché sono stati apportati dei correttivi per evitare queste storture. L’accordo di qualche giorno fa tra i 2 gruppi industriali dell’auto, Ford e Volkswagen, va in tal senso. La Volkswagen utilizzerà la catena di montaggio della Ford per produrre i modelli destinati al mercato americano. Se lo facessero anche i grandi gruppi tecnologici mondiali, Apple, Huawei, Samsung, si rallenterebbe il processo di deindustrializzazione delle economie europee saremmo meno dipendenti dalla voce export per sostenere il Pil.

Maurizio Compagnone