Italia – L’Antropologia e la Pandemia

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Alessandra Guigoni, Antropologa

Uomo, essere sociale costretto all’isolamento per la sua salvaguardia

In questo momento storico in cui siamo messi a dura prova dalla pandemia che sta devastando quelli che sono i cardini della socialità oltre a tutti gli aspetti pratici su cui ci sta dilaniando, mi è sembrato interessante sentire il punto di vista dell’Antropologa Alessandra Guigoni.

La pandemia, ormai, dura da oltre un anno. Cosa emerge dallo studio del comportamento umano, in quanto essere sociale, costretto all’allontanamento per la salvaguardia di se stesso?

“Sì, siamo animali sociali. Questa intuizione è antica e attuale. La penuria o l’assenza di contatti sociali “incattivisce” l’essere umano. Cattività viene dal latino captivus, prigioniero. Chi è “cattivo” è prigioniero di paura, rancore, solitudine.

La pandemia ha sconquassato la vita di molti di noi. Innanzitutto ha fatto emergere, con prepotenza e con una accelerazione incredibile, le tante contraddizioni del nostro mondo, della nostra nazione. Ci sono persone privilegiate e persone a cui mancano i diritti più elementari. Le faccio un esempio: sono stati vaccinati tutti i docenti universitari, mentre molti malati oncologici ancora no. Lo Stato e l’Unione Europea ancora non hanno saputo dare una risposta soddisfacente ai bisogni dei loro cittadini. Se già prima del Covid-19 gli “ultimi” facevano fatica a stare al passo, oggi li abbiamo lasciati decisamente indietro, e da soli. Gli ultimi sono le donne, i giovani, i lavoratori della Gig economy, i malati, le famiglie numerose monoreddito eccetera. Come antropologa parlo tutto il giorno con le persone. Molti farmacisti mi dicono che sono aumentati i consumi di farmaci ipnotici, di antidepressivi e via dicendo. Le persone hanno aggravato i disordini alimentari, che insieme all’assenza di sport e al decaduto tenore di vita, causa crisi economica, stanno determinando un aggravio di una delle peggiori “fragilità” degli Italiani: sovrappeso plus sedentarietà. Che conducono a malattie cardio-circolatorie, diabete eccetera. I costi sociali li caricheremo sul SSN nei prossimi 10 anni. Non sento spesso medici, virologi e compagnia cantante consigliare di mangiare bene, muoversi e cercare di essere sereni. Vedo invece molta comunicazione sensazionalistica o allarmistica da parte di alcuni medici-star esaltata poi da alcuni mass media. Un brutto corto-circuito”.

In cosa differisce, se di differenze si può parlare, la pandemia da Coronavirus rispetto alla Spagnola?

“La Spagnola è ancora nella memoria dei più anziani. Mia nonna quando ero piccola me ne parlava, perché fu inaspettata e tremenda. Ma parliamo di 100 anni fa! Non c’erano i farmaci di oggi, non c’erano i sistemi di comunicazione odierni, né gli Stati erano “sociali”, come il nostro, in Occidente. Abbiamo ottimi farmaci, enormi ospedali, la sanità è pubblica e praticamente gratuita, no? Quindi mi sarei aspettata, sinceramente, una reazione da parte della UE meno sconclusionata, lenta, farraginosa, burocratizzata, disorganizzata di quella che vediamo oggi. C’è il tema di che fine hanno fatto milioni di vaccini che dovevano essere consegnati alla UE da gennaio ad oggi. Un tema importante che deve far ripensare il rapporto tra capitalismo, quindi libera impresa volta al profitto, e Stato, che deve tutelare tutti i suoi cittadini, uguali per legge”.

Il popolo ha dimenticato quel periodo storico, pensa possa essere lo stesso per la pandemia Sars-2?

“Abbiamo dimenticato solo perché è successo 100 anni fa e le persone nell’arco di 4 generazioni spariscono. La memoria è volatile, ma lo scorso anno, durante il primo lockdown, sono riemerse foto e racconti di quella che fu la Spagnola e l’abbiamo richiamata alla memoria. Vorrei anche dire sommessamente che questa Pandemia non è un cigno nero, perché sono anni che analisti, consulenti e futurologi immaginavano e temevano un’escalation di epidemie legate alle zoonosi negli allevamenti intensivi ad esempio, come fu l’influenza aviaria o suina, con salto di specie. Il fatto che il pianeta sia sfruttato, in tutti i sensi, da quello demografico a quello ambientale, la mancanza di sostenibilità nelle nostre vite e comportamenti quotidiani ha aperto la porta alla Pandemia Covid-19, la prima, solo la prima, se non cambiamo rotta.

Non possiamo pensare che policy e governance a livello mondiale siano solo in mano a medici, virologi e simili. Occorre un approccio sistemico ed olistico per impedire che ci siano Sars-Cov-3, Sars-Cov-4 e via discorrendo. Servono task force con personalità di diversi domini del sapere, perché la pandemia è complessa da gestire. La pandemia è anche una sindemia. Mi spiego meglio: i problemi ambientali, sociali ed economici che abbiamo nascosto come polvere sotto il tappeto sono stati tirati fuori dal diffondersi del virus e abbiamo sotto gli occhi le pesanti ripercussioni sui giovani, sugli anziani soli, sulle persone fragili. Vorrei essere ottimista ma non posso: gli effetti, nonostante il Recovery Fund, li vedremo negli anni a venire. Il Recovery Fund non mette soldi in tasca ai disoccupati o ai giovani inattivi, ma prevede/promette una serie di rivoluzioni/innovazioni in alcuni campi “caldi” per la nostra Nazione. Nel frattempo se non riusciremo ad aiutare chi è rimasto molto indietro…”.

Credo che già siano in atto studi che possano dare una spiegazione al ‘nuovo comportamento’ umano di fronte alla mancanza di libertà, non solo fisica ma soprattutto mentale. Quella libertà che non tornerà tanto presto e a cui tanto si anela. Cosa pensa al riguardo?

“Sentirsi liberi, come accenna anche lei nella domanda è anche un fatto mentale, posso dirlo? È vero, siamo limitati negli spostamenti, nei divertimenti, nel lavoro, e questo è molto frustrante. Ma se fossimo più attrezzati dal punto di vista delle risorse interiori credo che potremmo vivere meno drammaticamente questo stato di cose. Invece no: abbiamo rimosso la morte, la malattia. Vietato parlarne, vietato pensarci, vietato prepararsi alla morte. Purtroppo tutti moriamo. È un taboo contemporaneo: pensiamo di essere immortali e ci atteggiamo come tali.

Non si può pensare solo a consumare e a divertirsi, o meglio: va bene consumare e divertirsi ma i valori che ci guidano non possono essere solo quelli. C’è un vuoto di senso, di valori, di filosofia di vita, di etica. Non siamo più credenti, non siamo più militanti nei partiti, nei movimenti ok, ma l’uomo senza una credenza che cosa è? Dico di riscoprire la spiritualità, la solidarietà, la fratellanza. Senza bandiere, senza simboli ma, da soli non ne usciamo. Guardiamo il cielo stellato sopra di noi, speriamo e intanto non rinunciamo a pensare, a meditare, a sognare. Così questo momento passerà più lieve e più velocemente e non avremo perso tempo prezioso. La vita è preziosa”.

Alessandra Guigoni, PhD in Antropologia Culturale, è consulente per enti di ricerca e PA. Docente a contratto presso università ed enti di formazione si occupa di sistemi agroalimentari,  sviluppo locale sostenibile, agrobiodiversità e comunicazione.