25 Aprile: Liberi per ricominciare? di Nicola Prebenna

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Coltivare e preservare la memoria è un dovere primario dell’uomo e del cittadino. E’ necessario ricordare, meditare sugli avvenimenti che ci hanno consegnato il presente. La memoria ha un senso, però, quando non viene imbalsamata e non rimane un orpello senza aggancio con il futuro da creare. Riandare al 25 aprile deve aiutare i giovani a capire cosa realmente è accaduto. Occorre anche prendere in conto le attese, le aspirazioni, le idealità che, all’indomani della Liberazione, furono il fermento su cui fu immaginato il futuro del paese. Dopo la terribile e tragica esperienza della guerra, si doveva pensare alla rinascita, alla ricostruzione morale, etica, economica e politica della nuova Italia. Molti gli sforzi di tutti, positivi i risultati. Proprio oggi celebrare la ricorrenza della Liberazione deve voler dire non sfuggire alla drammaticità del presente. E’ necessario avere il coraggio di individuare quale strada percorrere nei prossimi anni. E’ necessaria una metanoia, parola greca che vuol dire conversione, cambiamento profondo. Si deve impostare una nuova visione del mondo se la lezione del presente vogliamo che serva a qualcosa. Deve essere chiara la consapevolezza che il futuro non potrà essere disegnato secondo gli schemi a cui eravamo abituati. Occorrerà ripartire su basi nuove, accantonare vecchie logiche e inventare modalità nuove che attengono alla politica, all’economia, al welfare, alla politica energetica e alla valorizzazione ed alla difesa della natura. I segnali non pare che vadano nella direzione da noi auspicata. Il dibattito politico, imperniato oggi sulle misure che l’Europa dovrebbe adottare in ragione della crisi che ha colpito diversi paesi, particolarmente il nostro, annaspa nell’acquitrino tradizionale della salvaguardia degli spazi di manovra, utili a preservare il potere o a conquistarlo appena possibile. Siamo nella logica della vecchia, tradizionale maniera di intendere i partiti e il loro modo di concepire il bene comune. Occorre cambiare. Occorre essere consapevoli che ciò che è accaduto, la pandemia, impone scelte innovative, coraggiose che inaugurino una stagione di grandi mutamenti. Bisogna che la celebrazione della ricorrenza della Liberazione non si riduca ad un rituale da protocollo. Essa deve indurre una riflessione profonda su ciò da cui, oggi, dobbiamo liberarci per aprire un capitolo nuovo nella storia del paese. Per carità, non ignoriamo che l’urgenza delle attuali condizioni economiche del sistema Italia reclamano interventi urgenti, finanziamenti cospicui, decisioni immediate a sostegno soprattutto dei più deboli, dei più svantaggiati. E’ opportuno che si cominci a riflettere sul dopo. E deve essere una riflessione che inevitabilmente dovrà avere carattere complessivo. Ben al di là delle realtà nazionali, specie per quanto riguarda l’impianto globale dell’economia. Questa merita degli aggiustamenti e delle rimodulazioni che, correggendo l’impianto del capitalismo selvaggio, individui nuove regole che contemperino la logica del profitto assoluto. Come già anticipato in altro editoriale, sarà necessario mettere mano ad una ridefinizione dello stato sociale. Dovranno prevedersi correzioni delle storture del presente che hanno preteso tutelare i garantiti e spesso hanno trascurato i più deboli. Nello spirito, mai confessato, di togliere a chi ha poco e darlo a chi ha già. Ma soprattutto si dovrà passare dagli studi, dalla dichiarazione di intenti, dalle manifestazioni di buona volontà ad atti concreti, a decisioni effettive. Questi dovranno avvenire nel rispetto e per la tutela dei beni ambientali, e avere nella natura la loro ragion d’essere. Cominciando ad organizzare una riflessione che si fondi su questi pochi pilastri si potrà immaginare un futuro diverso e migliore per il nostro paese. In particolare, faremo in modo che il ricordo della Liberazione sia anche uno stimolo a liberarci da ciò che abbrutisce la realtà del presente, per preparare un avvenire più a misura d’uomo, in una natura non più da sfruttare senza scrupolo ma da custodire e tutelare.